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I performativi, i constativi e il limite del criterio neopositivista di significanza


Il problema principale dei neopositivisti del Circolo di Vienna cui Ayer si richiama era trovare un criterio di significanza che distinguesse enunciati dalla scienza, tali cioè da descrivere dati di fatto, da enunciati che non potevano essere accolti dalla scienza poiché ritenuti insensati o metafisici.

Contro il criterio di significanza dei neopositivisti, Austin formula un controesempio, costituito da enunciazioni del linguaggio che non descrivono stati di cose, che non si possono ridurre a espressione di emozioni, e a cui è difficile negare un senso. Si tratta di enunciati all’indicativo attivo, per lo più in prima persona, con cui eseguiamo azioni con precise conseguenze. Ad es.: “accetto di prendere in sposa la signorina Y” di fronte al prete, “è vietato fumare”, scritto su un cartello.

Austin definisce queste enunciazioni performative (performative utterances) perché con esse si esegue (to perform) una certa azione. Esse si contrappongono alle enunciazioni constative o constatative, la cui funzione è descrivere uno stato di cose. Se per queste vale il criterio di significanza dei neopositivisti, per le enunciazioni performative tale criterio non vale.

Tratto da INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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