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Russell: descrizioni definite e forma logica

Russell: descrizioni definite e forma logica

Bertrand Russell si ribella a Frege e contrasta l’idea che i nomi abbiano sia senso che riferimento. Per Russell, infatti, i nomi propri del linguaggio naturale sono abbreviazioni di descrizioni definite.

Occorre distinguere due tipi di espressioni differenti: le descrizioni definite del tipo “il F”, che valgono per chiunque soddisfi la proprietà; i nomi logicamente propri, che svolgono la funzione di riferirsi direttamente a oggetti, a prescindere da una qualche proprietà. Nel linguaggio naturale troviamo questa funzione nelle espressioni dimostrative come questo e quello.

Questa differenza richiama una tesi epistemologica di Russell per cui occorre distinguere tra conoscenza per descrizione, che individua un oggetto in quanto caratterizzato da certe proprietà, e conoscenza diretta, che individua un oggetto direttamente, a prescindere dalle sue proprietà.

Consideriamo la frase “l’attuale re di Francia è calvo”. In questo enunciato abbiamo una descrizione definita. Per Frege essa non sarebbe né vera né falsa perché non esiste alcun attuale re di Francia, essendo la Francia una repubblica. Tradotto in linguaggio naturale la forma logica della frase, si traduce in un complicato “Esiste un qualcuno tale che è l’attuale re di Francia e chiunque sia attuale re di Francia allora è uguale a costui e costui è calvo”. Questo enunciato è falso. Infatti è falso che esista un attuale re di Francia e questa falsità rende falso l’intero enunciato.

Un apparente problema a questa soluzione russelliana è che se il re di Francia è calvo è una proposizione falsa, la sua negazione dovrebbe essere vera; ma se il re di Francia non è calvo fosse vera, questo presupporrebbe l’esistenza del re di Francia.

Quine elabora una radicalizzazione della strategia di Russell, sostituendo ai nomi descrizioni defi-nite, usando predicati costruiti sui nomi stessi; ad es. il termine Pegaso è sostituito con “l’unico x che pegasizza”. Russell e Quine, raggiungono l’obiettivo di salvare la bivalenza: tutti gli enunciati del linguaggio, compresi gli enunciati con termini non denotanti, hanno sempre un valore di verità.

Tratto da INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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