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Definizione di conto corrente ordinario, artt. 1823-1833


Il conto corrente ordinario è il contratto con cui le parti si obbligano reciprocamente ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili ed indisponibili fino alla chiusura del conto stesso.
Può essere definito un contratto normativo, in quanto ha la funzione di regolare i rapporti che verranno ad instaurarsi in futuro tra i contraenti.
Il contratto intercorre dunque tra soggetti legati da continui rapporti d’affari, dai quali derivano reciproci debiti e crediti, e può essere considerato un peculiare modo di fare i conti, legato al sopravvenire di reciproche partite di dare e avere, suscettibili di compensazione.
Le rimesse sono operazioni da cui sorge un credito pecuniario da annotare in conto corrente.
Con il contratto di conto corrente si viene dunque ad attuare su base pattizia il principio della compensazione, che tuttavia opera unicamente ed in via automatica alla chiusura del conto.
Alle scadenze stabilite dal contratto o dagli usi, le parti devono procedere alla chiusura del conto con la liquidazione del saldo (art. 1831 c.c.).
Se non è richiesto il pagamento del saldo alla scadenza, esso si considera quale prima rimessa di un nuovo conto.
La legge (art. 1832 c.c.) prevede, inoltre, un procedimento di approvazione del conto, mediante l’invio di un estratto di esso da un correntista all’altro.
Tre punti essenziali: obbligatoria inserzione nel conto delle rimesse ricevute; inesigibilità dei singoli crediti per la durata stabilita; esigibilità del saldo a chiusura di ciascun periodo, dopo operatasi la compensazione fino a concorrenza delle partite contrapposte. Sono ammessi solo i crediti suscettibili di compensazione.

Tratto da ISTITUZIONI DI DIRITTO PRIVATO di Beatrice Cruccolini
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