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L’educazione professionale, l’educazione non professionale


L’educazione è sottoposta a variegate dinamiche di affidamenti, deleghe o realizzazioni in proprio.
Per esempio l’affidamento e la delega educativa sono ampiamente previsti e legittimati quando la quantità e la complessità delle intenzioni educative rendono necessario l’intervento di operatori specializzati, in particolare gli insegnanti, i quali sono teoricamente ritenuti in possesso dei saperi e delle competenze indispensabili per raggiungere gli scopi voluti.
Nello stesso tempo, vi sono alcune dimensioni dell’educazione, in particolare di quella familiare, che non sono, in linea di massima, ritenute delegabili e affidabili ad altri, in quanto attività considerate “naturali”.
La comunità non è una famiglia, l’educatore non è un amico dell’educando
Il lavoro educativo, in quanto attività professionale, è strutturalmente altro rispetto a qualsiasi pratica educativa non professionale, da quella familiare a quella associazionistica.
Un educatore non potrà mai essere amico di un educando ( il che non significa che non debba avere, quando opportuno, un atteggiamento relazionale amichevole), poiché è la struttura relazionale stessa, e il sistema nel quale la relazione è inserita, che impedirebbe tale posizione.
La relazione educativa professionale si colloca all’interno di un contratto pubblico che vincola o influenza i soggetti che vi partecipano, che prevede anche un compenso economico.
La possibilità di “essere in relazione” e di “governarla” in funzione degli scopi auspicati dipende sia da una disposizione vocazionale, sia da una solida formazione di base e da costanti pratiche di aggiornamento che dotino l’educatore degli idonei strumenti disciplinari e metodologici.

Tratto da L’EDUCATORE IMPERFETTO di Anna Bosetti
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