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L'antropologo e la scrittura


L’antropologo è un autore e deve interrogarsi sul linguaggio che impiega e sulla propria scrittura. Se c’è scienza, si basa su una costruzione teorica che a sua volta si fonda su dati, sempre mediati dal linguaggio: la lingua comune veicola tradizioni di pensiero che ne condizionano lo sguardo, la concezione del mondo e la raffigurazione della realtà. Sono stati creati molti neologismi per dare a certi termini un significato più tecnico che permettesse di essere meno vaghi. Prima del 1980, la scrittura tendeva all’imparzialità, alla neutralità, all’impersonalità, perché c’era ancora la logica di rottura con il soggettivismo. Ogni stile postula una teoria (concezione generale di ciò che si discute), una tradizione intellettuale (la letteratura) e un impegno etico (non giudicare ma capire). Oggi gli antropologi si sforzano di esporre i percorsi attraverso i quali sono stati indotti a pensare quello che pensano e tentano di rendere esplicito l’andirivieni tra teoria e campo. Non è più librarsi sull’esperienza degli attori, ma rendere le caratteristiche di situazione e di dialogo dell’etnografia. I testi lasciano più spazio a voci diverse da quelle del ricercatore: voci che escono dagli archivi, dagli interlocutori sul campo, dai filosofi, dai teorici della letteratura, dai narratori; c’è più attenzione alle interazioni sociali, all’antropologia della parola e degli altri fatti della comunicazione, anche perché l’enunciato è sempre relativo a un contesto soggetto a variabili e a incognite. Si cerca di diversificare le fonti, di evitare i portavoce d’ufficiali, di raccogliere il punto di vista femminile, di non ignorare i deboli e i dominati: le società semplici o ristrette non sono unanimi.
La forma del testo prende l’andamento di chi procede a tastoni tipico della ricerca, con la riflessività (esercizio critico del ricercatore su di sé, lo sforzo di oggettivazione della propria soggettività) come esigenza della ricerca. La monografia è il genere per eccellenza dell’antropologia classica (1920 – 1975); dopo, va più di moda il saggio, in quanto punto di vista argomentato su un tema. Piano piano, emergeranno nuove scritture che lasceranno più spazio al dialogo tra autore e soggetti e tra autore e lettori: diventerà una scienza multidisciplinare, aggiungendo alla propria prospettiva quella di altre scienze umane e della letteratura, entrandone in dialogo. Oltre alla scrittura, altre tecniche, come cinema e video, offrono la possibilità di rendere atmosfere e ambienti, di dare parola, di interagire, di seguire lo svolgimento di un’azione, senza però considerarle come un mezzo trasparente che restituisce i fatti senza mediazione.

Tratto da L'ANTROPOLOGIA DEL MONDO CONTEMPORANEO di Elisabetta Pintus
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