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Gli anni '70 e le imprese private

Gli anni '70 e le imprese private


Sono gli anni della grande crisi economica per l’Italia e non solo: alta inflazione, lievitazione dei costi interni, aumento dei prezzi delle materie prime, shock del petrolio.
Nel febbraio 1973 il governo decide di abbandonare la parità ufficiale di cambio della lira, che verrà lasciata fluttuare liberamente.
FIAT
Nella prima metà degli anni settanta Gianni Agnelli deve affrontare la prima grossa crisi della Fiat, la più grande forse a partire dalla prima guerra mondiale.
Viene assunto in quel periodo un nuovo responsabile della finanza aziendale: Cesare Romiti (autunno del 1974) che raggiungerà nel quasi quarto di secolo di permanenza in Fiat, il massimo vertice. Auspice Romiti, Gianni Agnelli trasforma la Fiat S.p.A. da un'azienda industriale in una holding finanziaria.
La FIAT degli anni settanta reagì all’aumento degli scioperi, dei boicottaggi e dell’assenteismo innestando processi di automazione.Nel 1974 Agnelli viene eletto Presidente della Confindustria.
Documento Fiat: la ripresa italiana dovrà essere effettuata attraverso investimenti produttivi e la domanda collettiva, cioè gli investimenti sociali. Le risorse addizionali devono essere indirizzate verso l’utilizzo interno, per ammodernare e ristrutturare l’apparato produttivo e soddisfare la domanda collettiva.
Per la prima volta un documento aziendale riconosce non solo che il boom economico ha suscitato squilibri, ma che bisogna porre loro rimedio attingendo alla capacità che l’industria possiede. Inoltre è la prima volta in cui si antepone la domanda collettiva alla domanda individuale. È una legittimazione della politica di piano, perché è lo Stato che si fa carico della domanda collettiva.
La sua politica fu una sorta di appeasement verso i sindacati nella speranza che l'asprezza delle lotte si mitigasse e fosse possibile così riprendere lo slancio produttivo. L'interlocutore privilegiato divenne Luciano Lama, segretario Generale della CGIL e responsabile della politica dei tre sindacati principali (la cosiddetta "triplice", cioè CGIL, CISL e UIL). Vi fu la proposta di un’azione comune contro rendite e parassitismi, al fine di ridare slancio e vigore alle forze produttive dell’impresa e del lavoro. 
In questo clima, nell’iontento di contribuire a un ritorno della pace in fabbrica, venne siglato nel gennaio 1975 l'accordo sulla c.d. scala mobile, il meccanismo di indicizzazione dei salari al costo della vita. L'accordo fu trovato, il meccanismo precedente fu modificato e fu anche abolita la differenziazione fra categorie: lo scatto di contingenza (importo mensile lordo da corrispondere in più ad ogni punto di incremento del costo della vita) diveniva uguale per tutti, dal semplice manovale allo specialista, al quadro impiegatizio della categoria più alta prima della dirigenza.
Introdusse anche la trimestralizzazione della scala mobile per tutte le categorie.
Agnelli lasciò la presidenza della Confindustria nel luglio 1976: il suo operato fu successivamente criticato (l'accusa era quella di aver fatto delle concessioni troppo ampie, incompatibili con la situazione economica ed a lungo termine dannose anche per le maestranze, in quanto nel meccanismo di adeguamento si celerebbe un fattore moltiplicativo dell'inflazione).
In compenso la conflittualità all'interno delle fabbriche non si ridusse, anzi, purtroppo si accrebbe e si aggravò, come dimostreranno i fatti negli anni subito a seguire.
Il successore di Agnelli alla presidenza della Confindustria fu Guido Carli, ex governatore della Banca d’Italia, che rimase in carica per quattro anni. Per la prima volta il primo uomo della CGII non proveniva dalle file dell’imprenditoria.
Sono gli anni del progressivo avvicinamento del PCI all’area di maggioranza, del periodo della solidarietà nazionale.
Durante il suo mandato recuperò i rapporti con i sindacati, con lo Stato e con l’Intersind. Riuscì a restaurare la capacità politica e contrattuale della Confindustria.
Venne formulata la proposta di uno “statuto dell’impresa”, che servisse ad affrancare il sistema imprenditoriale dalla politica e dalla burocrazia.


Tratto da L'ITALIA DELLE FABBRICHE di Cristina De Lillo
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