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La figura di Angelo Costa

La figura di Angelo Costa


Il 10-11 dicembre 1945 si tenne a Roma l’Assemblea dei delegati di tutte le associazioni territoriali e di categoria degli industriali italiani. Essendo la prima dopo la Liberazione è considerata la costituente.
Viene nominato il nuovo presidente, Angelo Costa, anche per la sua non compromissione col fascismo.  
I suoi obiettivi come presidente della CGII furono di favorire la ristrutturazione delle imprese grazie allo sblocco dei licenziamenti  alla riacquisizione del pieno controllo delle aziende da parte della proprietà.
Riuscì a ricomporre il tessuto dei rapporti contrattuali con le organizzazioni sindacali.
Vennero siglati accordi molto importanti con la CGIL:
27 settembre 1945, blocco dei licenziamenti
9 novembre 1945, CIG
6 dicembre 1945, istituzione della scala mobile
7 agosto 1947, ripristino nelle Commissioni Interne
parità salariale tra Nord e Sud,
Si oppone decisamente al tentativo di alterare l’ordinamento economico con l’introduzione e l’istituzionalizzazione di istituti che dovrebbero garantire la partecipazione dei lavoratori all’impresa. Era contrario ai Consigli di gestione proposti dalla sinistra. Il consiglio di gestione, se fosse istituzionalizzato, agirebbe contro l’imprenditore o i dirigenti per controllarne l’azione. Il consiglio di gestione non potenzierebbe affatto la produzione, anzi la rallenterebbe.
La contesa si acutizza alla fine del ’46 quando il ministro dell’Industria, il socialista Rodolfo Moranti, avanzò un progetto di legge che volle addirittura fare dei consigli di gestione l’inizio di una politica di piano.
Il testo definitivo del nuovo Statuto confederale, approvato dall’Assemblea generale dei delegati del 7 maggio 1946 e rimasto in vigore fino alla riforma Pirelli del 1970, rispondeva a una concezione fortemente centralistica che lasciava poca autonomia alle Federazioni e dava al direttivo della organizzazione potenti strumenti di indirizzo politico.
Mirò a ridurre il ruolo e il peso dello Stato sia nelle relazioni industriali sia nella gestione della politica industriale del Paese.
Questo orientamento degli industriali italiani creò una naturale convergenza tra CGII e il Partito liberale. Condividevano l’avversione per il dirigismo e una concezione della ricostruzione economica che lasciava alle forze del mercato libero campo di azione, mentre lo Stato doveva solo essere il garante della tranquillità politica e sociale.

Tratto da L'ITALIA DELLE FABBRICHE di Cristina De Lillo
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