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La frantumazione del quadro politico sindacale di Costa

La frantumazione del quadro politico sindacale di Costa


Dopo le elezioni della Costituente, a causa della debolezza della rappresentanza liberale e a causa di suoi orientamenti personali, seppe anche stabilire rapporti non strumentali, ma nel rispetto delle reciproche sfere di autonomia, con i governi centristi di De Gasperi.
Appoggiò la svolta politica del maggio 1947, accolta con favore da tutti gli industriali che videro un indebolimento delle spinte al dirigismo economico, al controllo del mercato e all’avversione dei licenziamenti che caratterizzavano la politica economica della sinistra.
Avallò, con qualche critica, la politica deflazionista del Ministro del Bilancio Einaudi, anche se questo comportava un aggravo dei costi e nonostante le proteste delle piccole e medie imprese.
Non è un caso che le iscrizioni delle aziende, in crescita dal 1944 al 1947, diminuirono proprio nel 1947 anno di nascita della Confapi, il sindacato della piccola impresa.
Per quanto riguarda il piano Marshall, gli industriali diedero il loro appoggio alla battaglia anticomunista. Quello che Costa rimproverava agli americani era il loro desiderio di generalizzare il modello fordista e il fatto che proponevano, come strumento per sconfiggere alla radice la presenza dei comunisti nelle fabbriche,l'espansione dei consumi dei lavoratori.
Dopo le elezioni del 18 aprile 1948 e la piena vittoria del quadripartito di centro la CGII rafforzò l’alleanza con la DC.
Fino al 1952 le posizioni di Costa furono affini a quelle degasperiane.
Dopo il 1952 si accentuarono le tensioni fra Confindustria e governo sia per la politica di liberalizzazione degli scambi del Ministro La Malfa, che colpiva alcuni interessi corporativi dell’industria italiana, sia per un rafforzamento della mano pubblica nella gestione industriale con la nascita dell’ENI,sia per la legge che prevedeva il rifinanziamneto della Cassa del Mezzogiorno e vincolava l’impresa pubblica a destinare almeno il 40% degli investimento totale nel Mezzogiorno.
Si trattava di un primo passo verso un modello di sviluppo programmato nel quale lo Stato destinava risorse della finanza pubblica per investimenti in aree di sottosviluppo col fine di promuovere l’imprenditoria.
Sotto il profilo delle relazioni industriali gli eventi in cosro erano il preludio di un indebolimento politico della CGII.
Dopo la sconfitta elettorale del 1953 e il declino di De Gasperi, la DC, guidata da Fanfani dal giugno 1954, assunse un nuovo orientamento politico-economico, che contribuì a ridurre il peso politico della CGII.
Contemporaneamente nella Confindustria cresceva il progetto di successione a Costa. La sua prassi discreta di raccordarsi con la dirigenza democristiana, che non dava alla Confindustria una visibilità politica forte, era considerata ormai obsoleta.
Quando nel 1955 Costa lasciò la presidenza, affidata a Alighiero De Micheli, il quadro politico e sindacale nel quale aveva operato si stava frantumando.

Tratto da L'ITALIA DELLE FABBRICHE di Cristina De Lillo
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