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Vitalismo e relativismo in Pirandello. Pena come essenza dell'umorismo


Adriano Tilgher in un saggio del 1922 condensò il mondo pirandelliano nel conflitto fra forma e vita. La formula di Tilgher era senz’ altro troppo rigida e schematica ed ebbe il torto di imprigionare lo stesso Pirandello che nei suoi drammi teatrali più tardi, -fine anni venti, inizio anni trenta- adeguò se stesso alla formula di Tilgher, producendo opere macchinose e artificiose .
La concezione di Pirandello si può condensare in due termini: vitalismo e relativismo. Il vitalismo lo porta a considerare la vita come flusso continuo, perpetuo divenire che le forme, soprattutto sociali, vogliono fermare e irrigidire. Quindi sofferenza. Personaggi che vivono come in una stanza della tortura (Giovanni Macchia) D’ altra parte, se la realtà è così magmatica e multiforme, non si può conoscere, non c’è una realtà oggettiva fissata a priori, non ci sono principi superiori a cui rifarsi. Non resta che osservare la realtà ed esprimere la pena del vivere così. La pena, la compassione è l’ essenza dell’ umorismo di Pirandello che proprio per questa compassione si distingue dal comico 

Tratto da L'OPERA E IL PENSIERO DI LUIGI PIRANDELLO di Loredana Rossi
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  • Autore: Loredana Rossi

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