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La condizione degli schiavi rurali a Roma


Un primo dato essenziale è la grande eterogeneità che caratterizza il mondo degli schiavi. Questi vengono definiti da uno status giuridico che, complessivamente, li priva della loro personalità, li trasforma in oggetti di proprietà che si possono vendere o acquisire, li sottomette all’autorità del padrone, li assimila agli animali domestici. Diversi sono i modi concreti e estremamente vari in cui gli schiavi venivano utilizzati. È stata spesso sottolineata la divisione essenziale che separa gli schiavi rurali da quelli di città, particolarmente da quelli addetti alla casa del padrone. Essa sembra effettivamente corrispondere a una realtà profonda: al momento della grande rivolta schiavile di Spartaco, le campagne si sollevano ma i gruppi servili urbani sembrano non aver reagito o averlo fatto in misura assai debole. Gli schiavi adoperati in campagna sono, per la stragrande maggioranza, adibiti a compiti produttivi. Poco in contatto con il padrone, sono sottoposti il più delle volte a una severa disciplina che tende a sfruttare al massimo le loro capacità di lavoro. Uno schiavo che non lavora è uno schiavo che costa invece di rendere. La funzione della vilica, ossia la sposa del vilicus, colui che il più delle volte, schiavo egli stesso, gestisce la proprietà per conto del proprietario, la cui presenza è solo saltuaria, è quella di provvedere alla pulizia della villa e al vitto del personale, occuparsi del pollaio, delle conserve di frutta, della macinazione del grano. Perché le cose siano perfettamente chiare, è precisato che ci si attende che la vilica sia sempre presente, che frequenti il meno possibile le vicine, che rifiuti qualsiasi invito e che non ne faccia nessuno. Tutto il suo tempo deve essere dedicato al lavoro; lo stesso vale ovviamente per il suo compagno, il vilicus, che deve essere il primo ad alzarsi e l’ultimo a coricarsi; al vilicus viene anche imposto un principio morale: accontentarsi della moglie che gli ha dato il padrone; tutta l’organizzazione tende all’autarchia onde limitare al massimo ogni perdita di tempo, cioè per i proprietario, il guadagno.

Tratto da L'UOMO NELLA SOCIETÀ ROMANA di Alessia Muliere
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