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Cercare lo spiazzamento in pubblicità


Se stiamo al gioco dei bilanci di fine secolo scopriremo che in un universo della comunicazione sempre più complesso dovremo acuminare tutte le lame retoriche di cui già disponiamo. Una di più di tutte: il paradosso.

Volendo fare un bilancio di Novecento, potremo renderci conto di come esso sia stato caratterizzato dalla scoperta dell’ambiguità. Prendiamo le grandi teste pensanti del secolo: Freud, Ricasso, Pirandello, Proust, Einstein hanno evidenziato che non esiste una netta separazione tra gli opposti né fra le dimensione, che tutto è relativo, persino il tempo.

Arte, letteratura e scienza del Novecento ci hanno insegnato che la realtà è assai più complicata di come si credeva. E’ stato insomma il secolo del paradosso e dello piazzamento. Così anche in campo cinematografico: basti pensare a Psycho, il capolavoro di Alfred Hitchcock, il film più spiazzante di tutta la storia del cinema.

Tutte le trame del mondo, Psycho compreso, raccontano la storia di un viaggio nello spazio o nel tempo, un viaggio che però non conduce dal punto A al punto B in modo noiosamente lineare, ma dopo una serie di interessanti deviazioni. Queste deviazioni sono ciò che rende imprevedibile, drammatico, ansiogeno e quindi efficace un racconto. Lo spiazzamento è la digressione che sta alla base di ogni forma di creatività. Nella comunicazione, è un’alternativa necessaria alla banalità del ragionamento lineare, che nella maggior parte dei casi lascia indifferente chi dovrebbe prestarvi attenzione. La pubblicità, costretta in pochi secondi a emergere fra milioni di stimoli, non può più essere eccessivamente didascalica.

Tratto da LA COSTRUZIONE PUBBLICITARIA DELLA MARCA di Domenico Valenza
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