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La creatività a scuola


La scuola si pone, accanto alla famiglia, come l’istituzione preposta alla gestione dei processi educativi; pertanto, appare lecito chiedersi che cosa faccia o debba fare per promuovere la capacità creativa. Dopo che, per molto tempo, l’obiettivo principale della scuola è stato quello di fornire le abilità strumentali di base, centrando l’attenzione sull’intelligenza analitica, le nuove concezioni sull’intelligenza hanno modificato tale visione, ritenendo opportuno che la scuola valorizzi i diversi tipi d’intelligenza, in quanto tutti importanti per l’individuo.

Ciò ha comportato anche ripercussioni sulla figura dell’insegnante. Secondo Holl, l’insegnante non ha solo il compito di accendere l’immaginazione degli studenti, ma soprattutto quello di persuaderli che sono persone di valori, capaci di realizzare qualcosa.

Sternberg nota che gli insegnanti tendono a valutare al meglio quegli studenti i cui stili di pensiero sono congruenti con i loro. Spesso, inoltre, nella scuola, l’inclinazione alla divergenza, all’autonomia e all’autosufficienza sono valutati negativamente: gli insegnanti nei confronti di questi alunni si sentono meno indispensabili e quindi meno gratificati.

Secondo Getzles e Jackson, i docenti preferiscono studenti i cui risultati sono frutto del lavoro del pensiero convergente (adesione all’autorità, conformismo), piuttosto che quegli studenti che ottengono risultati altrettanto validi utilizzando il pensiero divergente. Tuffanelli dice che i divergenti vengono accusati, per questa tendenza all’indipendenza, di scarsa collaborazione, di ostruzionismo, di imprudenza. Per Sternberg vengono percepiti come anticonformisti e ribelli.

Spesso gli insegnanti, dovendo conciliare la creatività individuale con la necessità di controllare la classe, optano per scelte didattiche che consentono di arrivare ad efficaci risultati nell’apprendimento, a scapito della valorizzazione del potenziale creativo degli alunni.

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