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I curatori d'arte contemporanea del 900

Partendo dal presupposto che la qualità fa fede della sua presenza nelle istituzioni si può legittimamente affermare che egli sia l'immagine più certa di cosa realmente sia il curatore/critico d'arte contemporaneo e di come possa essere interpretato. Il critico contemporaneo vive nell'idea di selezionare; egli è curatore innanzi tutto, ovvero colui che ha per primo intuito il gusto dei suoi anni. Hans-Ulrich Obrist, per primo, ha realizzato l'icona del critico selezionatore, proprio attraverso Jahring. La differenza fra questo ruolo e quello più storico del critico analista-saggista poco compromesso nelle dinamiche curatoriali in termini finanziari si può riconoscere rapportando questo tipo di lavoro, selettivo imprenditoriale, con quello analitico ideativo di Nicolas Bourriaud. Bourriaud è riconosciuto come uno dei pochi autori della generazione nata negli anni Sessanta a saper leggere ed ideare un corpus scientificamente significativo di arte contemporanea. Di lui, e della sua teoria "relazionale" si è ampiamente discusso in seminari internazionali come quello realizzato in anticipo sui tempi da Nadine Descendre presso l'Hotel des Art di Parigi nel 1992. In quella occasione una decina di giovani critici internazionali, dell'area concettuale-mediale, discuteva sulla realtà della critica e dell'arte sul tema le Visuel et l'Ecrit. Nicolas Bourriaud, assente fra questi, era però primo ideatore di Documents, la rivista d'arte parigina rinata dopo una ventennale assenza sul tema "What is Art?" Legato all'ambito curatoriale già espressosi nei musei con esordi brillanti, come Eric Troncy, Olivier Zhan, Jerôme Sans, il lavoro critico di Nicolas Bourriaud si basava già in quegli anni '90 nella costruzione di discorsi "altri" dall'arte, ma significativi per l'arte stessa. Il Concettualismo di Broodthaers, per questa corrente critica, supera lo stesso intellettualismo di Duchamp, maestro certo, ma non esageratamente. Duchamp, mostro fatale di una nuova religione, per gli altri: con questo stesso destino la scuola conservatrice "Matisse- Picasso" negli anni in cui Bourriaud iniziava la direzione di Documents aveva tentato di discreditare il lavoro iniziale del critico parigino. Il sistema immaginativo di Bourriaud si diceva poi, soprattutto nelle parole della francia anarchica dell'arte francese - uno per tutti Eric Colliard -, è una falsa operazione intellettiva, esercizio di potere e in quanto tale non poteva essere avallata. L'idea che in quegli anni di dominio della critica parigina, era che nulla avesse potuto avere valore nella cultura se non attraverso l'azione anarchico sociale. Fra questi erano ancora anche Olivier Zahn, alleato nel lavoro con l'artista editore Philippe Cazal che in quegli anni aveva realizzato Public, e Frank Perrin poi direttore di Bloc Notes, rivista di grande impatto grafico. Entrambi giovanissimi, Zahn e Perrin, spinti dalla fallimentare intrusione di artisti e critici non ritenuti all'altezza dell'azione anarchica che volevano esprimere in critica, avevano fondato Bloc Notes l'uno e Purple Prose l'altro. Da lì a poco sarebbe nata Virus a Milano, Opening avrebbe cambiato formato e direzione e a Berlino si sarebbe dato il via alla meteora Below Paper, sorta di mega work in progress dell'arte-critica del momento. Era Thomas Wulffen, infatti, negli stessi anni a Berlino, a pensare il proprio testo come opera essa stessa in una simbiosi idealista fra manufatto e critica, opera e contesto. Della stessa redazione facevano parte Dellbrügge & de Moll duo tedesco dallo stupefacente iniziale esordio. Vicino a questa posizione era in quegli anni anche il britannico Liam Gillick, il quale successivamente ha poi abbandonato il suo ruolo di critico-curatore impegnandosi totalmente nella carriera d'artista. La separazione fra questi due ruoli, sembrava di potersi affermare negli anni successivi all'uscita di Documents, era dissolta. Così Thomas Wulffen poteva allestire una mostra coi suoi testi e Liam Gillik poteva curare le sue stesse mostre. Ad un livello più progettuale anche Bourriaud lo aveva fatto, ma rimanendo sempre all'interno dei confini della scrittura. In altro modo, invece, Hans-Ulrich Obrist, pur accettando implicitamente questa comunione dei ruoli, aveva in certo modo già iniziato a programmare esposizioni 'differenti', in cui d'altra parte il ruolo creativo del critico era implicito. Sua, quella che probabilmente ha dato il via alla stagione ufficiale del selezionatore creativo. In Italia Ludovico Pratesi, dalla scrittura scarna, veloce, ma ad affetto ha colto di questo il senso più esplicitamente manageriale. Rimasto un po' in sordina, accusato di ben poca credibilità, a Roma città dove lavora, in quegli anni realizzava una mostra personale, visitata con grande entusiasmo dal mondo dell'arte capitolino. Sebbene questa esperienza sia poi stata del tutto abbandonata da Pratesi la sua mostra presso Jartrakor, insieme a quella successiva di Miriam Mirolla, costituiscono i due più validi esempi dei primi influssi di queste teorie in ambito italiano.

Tratto da LA CURA CRITICA di Alessia Muliere
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