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La resistenza alla nobiltà: il movimento popolare

La resistenza alla nobiltà: il movimento popolare


La resistenza al radicalismo della nobiltà vene invece dal movimento popolare. I progetti di riforma delle istituzioni rappresentative e le aspirazioni democratiche che esso elaborò e sostenne soprattutto nella prima metà del XVII secolo presupponevano infatti un’idea di nazione più ampia e sostanzialmente diversa rispetto a quella che ispirava l’esclusivismo nobiliare napoletano. La particolare insistenza dei rappresentanti popolari nella proclamazione della fedeltà alla corona va intesa appunto in questa chiave: essi intendevano affermare così la piena appartenenza del popolo e dei suoi rappresentanti alla nazione politica e quindi i diritti che ne derivavano e in primo luogo la necessità di equilibrare la presenza di nobili e popolari nelle istituzioni rappresentative e in generale nella vita pubblica. Il dato più noto è la richiesta del popolo di avere la parità di rappresentanza con i nobili nel Consiglio degli Eletti di Napoli e a anche la possibilità e il diritto di avere un contatto diretto e regolare col sovrano (di inviargli cioè gli ambasciatori), ma fu un obiettivo di scontro e che i popolari non riuscirono mai a raggiungere. Finché la permanenza del regno nel sistema imperiale spagnolo non fu messa in discussione, la legittimità della professione popolare di fedeltà non poteva essere negata, qualunque intenzione o riserva mentale avessero coloro che la proclamavano. Ma i nobili non sottovalutavano i suoi contenuti potenzialmente conflittuali e il rischio che assumendo formule e simboli apparentemente innocui le organizzazioni popolari ottenessero anche in modo indiretto e vago una sorta di riconoscimento ufficiale per le loro rivendicazioni. Perciò la loro ostilità alla pretesa della borghesia cittadina di essere considerata a pieno titolo parte della nazione politica si manifestò anche come negazione del suo diritto di assumere e far proprio il valore della fedeltà. In varie occasioni le organizzazione politiche della nobiltà napoletana dichiararono di non dare nessun credito alla professione popolare di fedeltà e di considerarla insincera e non corrispondente a un concreto atteggiamento di solidarietà verso la corona. La fedeltà del popolo era pressoché irrilevante: dalla volontà e dal consenso dei nobili dipendeva la soddisfazione delle richieste che il re indirizzava al regno di Napoli. Essi rivendicavano quindi esclusivamente a se stessi il diritto di proclamarsi fedeli. Il concetto di fedeltà esprimeva in maniera comprendibile alla maggior parte della popolazione l’esigenza della coesione. Dell’autorità e della disciplina, l’dea della collettività politica e degli obblighi connessi con la sua esistenza e il suo riconoscimento. È un dato di fatto storico, politico e culturale che quell’esigenza e quell’idea furono concretamente impersonate dalla figura del sovrano.

Tratto da LA FEDELTÀ NEL '600 di Alessia Muliere
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