Skip to content

La riflessione retorica e l'Eros nella filosofia morale

Mito delle cicale di Platone


Le cicale cantano fino al punto di non accorgersi di morire. Emerge il potere del canto che costringe a fare cose lontane dalla ragione. La potenza dell’irrazionale è uguale al potere esercitato dalla retorica. Platone mette in luce il fatto che la psychè dell’uomo non è solo razionale: essa è anche mania. L’uomo è anche dominato da dalle passioni; ma quando si accorge di tale egli può anche attuare un controllo delle passioni. Platone fa leva sull’ambiguità del desiderio e della mania. Essa può essere follia, ma è anche la potenza che fa salire l’anima verso l’iperuranio. L’anima è in bilico fra due mondi, trainata contemporaneamente verso l’alto e verso il basso. L’uomo allora non deve rimuovere le passioni, ma indirizzare il desiderio verso ciò che è buono e bello. La mania è farmakon: è allo stesso tempo medicina e veleno. Ambiguità delle passioni = ambiguità della retorica. Una concezione che considera negative le passioni, inevitabilmente ritiene negativa anche la retorica in quanto essa, anziché sopprimere le passioni, le porta alla luce, le suscita. Cartesio non può negare l’esistenza delle passioni, ma si propone di darne una spiegazione per poterle controllare.


La riflessione retorica e l'Eros


In Platone una riflessione sulla retorica è giustificata dal fatto che l’affettività è considerata una parte essenziale, ineliminabile dell’uomo, è farmakon. Platone però non mira a insegnare il metodo più adatto per persuadere, non si pone su un piano tecnicistico; egli non vuole limitarsi a dare una spiegazione, ma anche ricercare il senso di una determinata azione. Ecco perché la retorica non può essere una tecnica; essa è la modalità espressiva cui Platone deve fare riferimento per fondare la sua filosofia. Emerge l’ambiguità della retorica: esistono una buona e una cattiva retorica. La buona retorica si fonda sulla verità e le idee; la cattiva sulla verosimiglianza. La retorica è la trattazione appassionata di un determinato tema, che in questo caso è la passione stessa.
Due modelli di retorica
1.quello di Lisia
2.quello di Socrate
Platone ritiene che la retorica dipenda dalla dialettica, nella misura in cui la dialettica è la struttura della ricerca della verità. La retorica è buona nella misura in cui è posta al servizio della filosofia e quindi della verità. Critica della retorica intesa come tecnica (retorica gorgiana): tale retorica fa leva su un solo aspetto dell’anima, quello irrazionale. Ma l’anima è costituita di due parti, è ambigua, polimorfa: è insieme attrazione del contingente e dell’eterno. Senza una buona conoscenza della struttura dell’anima, senza la consapevolezza della sua duplicità, non si può fare una buona retorica.
Rapporto parola parlata/parola scritta
La retorica riguarda sia i discorsi parlati che quelli scritti. Il problema del rapporto parola-scrittura è essenziale per lo stesso modo di filosofare di Platone. Egli scrive sotto forma di dialogo, ma tale dialogo può anche essere recitato, parlato. Questo dialogo scritto è pur sempre dialogo, rimanda all’ambito della parola parlata.
Mito di Teuth: critica della scrittura.
Ambiguità di Eros = ambiguità delle passioni = ambiguità della retorica = ambiguità della scrittura
Una condanna radicale della scrittura sarebbe assurda in quanto la stessa critica è esposta per iscritto.
La scrittura non è il farmakon della memoria, ma del riportare alla mente, del ricordare. La scrittura non garantisce la sophia, ma soltanto la doxa. La scrittura crea doxasophoi anziché sophoi. Platone desidera mostrare l’ambiguità dell’alfabeto. Esso non aiuta tanto la memoria quanto la capacità di ricordare, non offre la sapienza, ma solo opinione. Sophia: conoscenza vera, appassionata delle idee. L’alfabeto è criticato perché sostituisce questa sapienza con dei segni. Esso fa come il pittore: rinvia ad un’esperienza di sapere piena, reale, così come il pittore crea la copia di una copia. L’alfabeto allontana dall’esperienza diretta, dalla sophia.
Amore è inteso come Eros ed Eros fa trascendere chi lo prova. Eros è collegato alla mantica e quindi alla dimensione religiosa. Eros non è solo demone, ponte, ma anche farmaco, medicina e veleno al tempo stesso. L’anima non è intesa in senso psicologico o fisiologico: è intesa piuttosto come il luogo in cui si esprime l’amore. Il senso dell’Eros è la mediazione.
Platone ricerca l’episteme, un sapere stabile.

Quattro sono i tipi di conoscenza:
1.aestesis
2.doxa
3.dianoia
4.nous
Si pone il problema della relazione tra mondo sensibile e mondo ideale. Platone usa tre termini per spiegare un tale rapporto:
a.Mimesis: imitazione: il reale riproduce parzialmente il mondo delle idee.
b.Metexis: partecipazione
c.Parousia: manifestazione, rivelazione: il mondo sensibile è il luogo di manifestazione del mondo ideale. Il mondo contingente rimanda al mondo stabile delle idee.
Questi tre elementi giocano in Platone molteplici ruoli. Innanzitutto permettono di conoscere i rapporti tra le cose. Essi hanno una funzione gnoseologica, ma anche morale.
Aristotele espone una serie di argomentazioni contrarie alla dottrina delle idee. Egli ritiene che i concetti di mimesis, metexis e parousia siano solo nomi. Chi vede nelle cose delle imitazioni e nelle idee dei modelli, utilizza solo immagini poetiche. Per Aristotele il linguaggio platonico è narrativo, mitologico, poetico e non scientifico. Ciò che in Platone è unito, filosofia e mito, in Aristotele si scinde. Secondo la concezione platonica l’artigiano deve avere un’idea di ciò che è una sedia. Aristotele osserva che anche quando viene meno un autore, si possono notare varie forme di produzione, casi in cui si effettua una produzione indipendente dall’intervento di un artigiano. È il caso della natura. In Aristotele muta il concetto di scienza rispetto a Platone.
Scienza: punto di arrivo di un processo di conoscenza che ha come scopo la ricerca delle cause. Quattro sono le cause: materiale, formale, efficiente e finale. Ricercare le cause è il compito del saggio: egli è in grado di contemplare le cause ultime di cui il filosofo è ancora alla ricerca. Il filosofo ricerca i principi di ogni disciplina, principi che il saggio già ha trovato e può contemplare. Non occorre duplicare il reale, è inutile: significherebbe solo moltiplicare le cose da conoscere. La sostanza della cosa è insita nel suo essere, è nella cosa stessa e non in un mondo ideale. Per Aristotele per giungere alla conoscenza si deve partire dal mondo dell’esperienza, si deve partire dai sensi per risalire progressivamente alla conoscenza vera e propria. Anche Aristotele individua diversi gradi della conoscenza (scala dell’episteme). La linea della conoscenza in Platone ha lo scopo di farci conoscere il mondo e di offrirci un modello di comportamento; Aristotele invece vuole determinare le cause, spiegare il funzionamento del mondo.

Il tema dell’eros ha una valenza metafisica anche in Aristotele, ma egli ne vuole soprattutto offrire una spiegazione. Si parla dell’eros in relazione alla trattazione del primo motore immobile. Aristotele si chiede quale sia la causa di ogni movimento che a sua volta non sia in movimento data la è necessità di doversi fermare a una causa prima. La soluzione risiede proprio nel concetto di eros. Ogni cosa si muove non solo perché mossa da altro, ma anche perché tende alla realizzazione oltre sé: alla causa efficiente si aggiunge quella finale. Si arriva alla scientificizzazione dell’eros: l’eros è funzionale alla costruzione del mondo, alla spiegazione del movimento.
Il primo motore immobile, in quanto principio supremo di ogni movimento, è divino. Anche le passioni possono essere spiegate e divenire oggetto di esperimento.

Cartesio mantiene l’impostazione tomistica: egli vuole spiegare, tematizzare le passioni, vuole darne una spiegazione fisica. La dottrina dei due appetiti (concupiscibile, irascibile) di Tommaso presuppone una dipendenza del corpo, una connessione di anima e corpo; per Cartesio invece il corpo interagisce con l’anima, ma resta autonomo, separato da essa (res cogitans/res estensa). Egli vede il corpo come una macchina.
Stoicismo: il saggio deve eliminare tutto ciò che è irrazionale. Le passioni si contrappongono al logos. Scopo dello stoico è quello di raggiungere l’apatia, la messa tra parentesi dei moti dell’animo. Le passioni sono ritenute negative: devono perciò essere controllare o annullate. Lo scopo di Cartesio è lo stesso: ma egli vuole dare motivazioni fisiche, organiche per cui le passioni debbano essere controllate. “Il mio scopo non era spiegare le passioni come oratore, e neanche come filosofo morale, ma solo come fisico”. I problemi filosofici vengono rielaborati alla luce delle nuove esperienze scientifiche. Cartesio vuole fare filosofia in modo sperimentale: ritiene di aver bisogno dell’esperimento per supportare le proprie dottrine. Per questo critica gli antichi, soprattutto gli scolastici e il loro metodo non sperimentale. Cartesio usa il metodo scientifico per uno scopo filosofico: il controllo delle passioni. Egli fonda un nuovo modo di pensare retto da regole universalmente condivisibili: il METODO, una procedura che serve per raggiungere la verità.
Il metodo consiste in una serie di regole che fanno dirigere l’intelligenza verso la ricerca della verità.
È necessario a questo punto:
1.delineare con esattezza le regole del metodo, mettere a fuoco il modo in cui l’intelligenza deve operare;
2.stabilire l’utilizzo che deve essere fatto di tali regole;
3.mettere tra parentesi tutte le nostre apparenti certezze.
Cartesio vuole dubitare di tutto. Dubitare di tutto significa non avere più appigli, né orientamento: significa esperire la cosiddetta “notte oscura” (cfr. Juan de la Cruz). Si tratta di un dubbio intellettuale che mette tra parentesi tutte le cognizioni precedenti. Non c’è un dio che mi trae fuori da questa situazione di dubbio: io, in virtù del logos, esco da tale condizione. Se dubito significa che penso e se penso vuol dire che sono.
In virtù del logos l’uomo è in grado di uscire dal dubbio e dalla disperazione.
Presupposti del metodo:
1.Simulazione: si tratta di un esperimento mentale che si realizza parallelamente allo scorrere quotidiano della vita reale (scissione tra vita reale ed esperimento mentale);
2.Non dubito di dubitare: altrimenti non potrei uscire da questa situazione. Il dubbio è radicale solo nella misura in cui si tratta di un esperimento mentale. È radicale, ma se ne può uscire con la potenza del logos (dubbio metodico)

Tratto da LA FILOSOFIA MORALE: L’AFFETTIVITÀ di Valentina Ducceschi
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.