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Scrittori e fotografia

Ritornando alla mostra "Ignoto a me stesso ñ ritratti di scrittori", Sciascia racconta di due piccole imperfezioni o impremeditate perfezioni. La prima riguarda Pirandello: la sua fotografia Ë datata 1938 con il punto interrogativo; ma due anni prima Pirandello Ë morto. Tramite accertamenti, si risale all'anno 1935: ma in quell'anno il fotografo Antonicelli Ë in Campania, confinato politico.

Del resto, la fotografia non somigliava: semmai vi era una certa teatralità pirandelliana. Ma a quale altro scrittore, se non Pirandello, poteva capitare un simile incidente d'identità?

La seconda imperfezione capita con Erskine Caldwell. Criterio della mostra era l'esclusione degli autori viventi ("per una regione che direi metafisica"). Tuttavia vi Ë una sua foto, e Caldwell, appena inaugurata la mostra, muore. Per obbligo di catalogo, diceva Arpino. Sciascia ammette quasi di scherzare. Perchè questi incidenti gettano in parabole di senso inquietanti. Nella sfera della super-stizione: l'idea che la fotografia abbia a che fare con la morte. La metafisica, insomma, nella fisica.

La fotografia può dunque dirsi una guerra contro il tempo: non illustre, ma umile e quotidiana. E ciò sentì anche Capuana. In tal senso, il suo fotografarsi morto era come un chiedere all'obiettivo una celebrazione anticipata. La fotografia era per lui, come per altri (vedi Verga) ausilio e supporto al verismo letterario, ma ne era anche fuga verso l'ignoto, l'invisibile: il non plus ultra del visibile.

Tratto da LA FOTOGRAFIA SECONDO SCIASCIA di Domenico Valenza
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