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La nascita del linguaggio

La nascita del linguaggio


Per milioni di anni gli ominidi prima e gli uomini poi hanno comunicato fra loro in modo non verbale, attraverso i movimenti del corpo, come i gesti, la mimica del volto, lo sguardo, le grida e i richiami. La comunicazione non verbale trova enormi difficoltà a esprimere concetti e significati sia di realtà astratte sia di oggetti naturali e di artefatti. La comunicazione non verbale, da sola, non è in grado di dare origine alla cultura. E la parola che consente alla cultura di nascere. La parola, infatti, è capace di manifestare idee, concetti e significati di qualsiasi genere. Permette di esprimere ad altri i simboli che ciascun individuo elabora nella propria mente. Di conseguenza, si può dire che la nascita della cultura coincide con la nascita della capacità simbolica degli esseri umani grazie al linguaggio. Sono numerose e differenti le ipotesi avanzate per spiegare le origini del linguaggio nella specie umana:
a)Teoria della discontinuità. Per Chomsky l’abilità del bambino di apprendere la propria lingua materna in modo rapido ed efficiente in poco tempo è data da una specializzazione cognitiva della specie umana che egli chiama Grammatica Universale. Questo «organo del linguaggio» è una dotazione biologica innata, capace di elaborare all’infinito simboli astratti, codificata nei geni che determinano la struttura nervosa del cervello. La spiegazione del linguaggio va cercata nei processi fisici e chimici dell’organismo più che nell’evoluzione. Siamo in presenza dell’ipotesi del salto linguistico, secondo cui la comparsa del linguaggio sarebbe avvenuta all’improvviso, in una volta sola, attraverso una mutazione genica unica (ipotesi dell’evoluzione unica).
b)Ipotesi del protolinguaggio. Nel tentativo di conciliare Chomsky e Darwin, Bickerton ha proposto la teoria del protolinguaggio. Partendo dall’ipotesi che esiste un «bioprogramma» linguistico in base a cui gli esseri umani apprendono il linguaggio, occorre vedere in che modo si è evoluta tale competenza. Il proto linguaggio sarebbe stato un linguaggio telegrafico, composto solo da parole, privo di una grammatica, la cui comprensione si fondava sugli aspetti pragmatici del contesto. Per milioni di anni gli ominidi avrebbero parlato solo il proto linguaggio. Secondo Bickerton, il passaggio dal protolinguaggio al linguaggio sarebbe avvenuto all’improvviso, in una volta sola, con un salto repentino in concomitanza della comparsa di Homo sapiens (ipotesicatastrofica). Una singola mutazione avrebbe riorganizzato il cervello, fornito una nuova configurazione al tratto vocale e dato luogo alla sintassi. Bickerton aderisce quindi alla teoria del grande salto in avanti, secondo cui l’evoluzione della specie umana sarebbe stata caratterizzata da un improvviso e forte progresso, con una rapida riorganizzazione del cervello umano.
c)L’istinto del linguaggio. Al pari di Bickerton, anche Pinker (1994) si propone di conciliare la concezione di Chomsky con quella di Darwin, ma segue un percorso teorico diverso. Prende spunto dalla definizione di Darwin secondo cui il linguaggio è composto da due metà: una metà arte e una metà istinto. Secondo Pinker il linguaggio non è un’invenzione culturale per usare dei simboli, ma un istinto specie-specifico a motivo della sua universalità. In quanto tale, esso dovrebbe avere una sede identificabile nel cervello. Diversamente da Chomsky, tuttavia, Pinker ritiene che il linguaggio si sia evoluto sotto le pressioni della selezione naturale. Contrariamente a Bickerton, inoltre, egli sostiene che il linguaggio non sia comparso all’improvviso, ma che sia stato una forma di adattamento evolutivo attraverso progressivi cambiamenti influenzati dalla selezione naturale. Pinker introduce così una concezione gradualistica nell’evoluzione dell’istinto del linguaggio attraverso una serie sfumata e continua di passaggi successivi.
d)Teoria della continuità. La prospettiva gradualistica nell’evoluzione del linguaggio è stata ripresa e approfondita, fra altri studiosi, anche da Jackendoff, che parla di continuità evolutiva nella comparsa del linguaggio. Secondo questa ipotesi il linguaggio è articolato in sottosistemi parzialmente indipendenti, ciascuno dei quali ha seguito una propria linea evolutiva in modo progressivo e parallelo verso forme di maggiore successo. In base a questo modello, l’uso di singoli simboli avrebbe condotto in primo luogo alla condivisione di significati da parte dei membri di un clan. Tale uso si sarebbe poi combinato con la convenzionalizzazione delle vocalizzazioni, in modo da produrre un sistema fonologico categoriale-digitale all’interno del proprio gruppo. A sua volta, il sistema fonologico avrebbe dato origine a un sistema combinatorio di suoni in grado di generare un numero illimitato di parole. Successivamente la concatenazione di simboli avrebbe reso possibile la costruzione di frasi più estese, regolate dall’ordine delle parole. Sarebbero poi comparse parole per rappresentare i concetti relazionali (di tempo, di spazio, di causa, ecc.). Secondo Jackendoff, l’evoluzione dell’architettura del linguaggio prevede che il linguaggio sia un insieme di sistemi più semplici e che, in quanto tale, vi siano dei progressi in grado di affinare le singole componenti (ipotesi incrementalista).
e)L’origine sociale del linguaggio. Dunbar (1996,2004) ha posto l’attenzione sulle origini sociali del linguaggio, prendendo avvio dall’osservazione che presso i primati non umani è molto diffusa la pratica del grooming (azione prolungata e minuziosa di pulizia del pelo di un consimile). Oltre a svolgere un’effettiva operazione d’igiene, il grooming serve altresì a stabilire un rapporto di vicinanza, a stringere legami sociali, creare alleanze, definire rapporti di amicizia e favorire le condizioni di cooperazione. Per questo motivo, più è largo il gruppo, più tempo si dedica al grooming.
Inoltre, Dunbar pone in evidenza che il cervello umano si è sviluppato soprattutto per elaborare le informazioni sociali più che quelle fisiche. Le pressioni della selezione naturale nella specie umana hanno portato a sostituire il grooming con il linguaggio. La maggior parte della comunicazione è destinata al pettegolezzo. La prevalenza di questa forma di comunicazione è spiegata dall’esigenza di conoscere chi è l’altro, che cosa fa, pensa e prova, con chi vive, ecc. Infatti, i gruppi vivono di comunicazione, poiché senza comunicazione non avrebbero elementi per portare avanti la loro storia.
f)Teoria motoria. Secondo la teoria motoria, già avanzata da Condillac, il linguaggio va inteso come evoluzione dei sistemi di comunicazione gestuali e mimici impiegati dagli ominidi per interagire fra loro. Tali sistemi andrebbero considerati come forme di protolinguaggio attraverso l’impiego di segni comunicativi convenzionali di natura iconica e spaziale.
In questa prospettiva il linguaggio s’innesterebbe in modo incrementale su moduli cognitivi extralinguistici preesistenti e su centri nervosi già sviluppati, rispetto ai quali costituirebbe un’integrazione e un avanzamento. Fra gli altri, merita particolare menzione la scoperta del sistema dei neuroni specchio, attivati dalla visione di movimenti da parte di consimili. Tale sistema consente di riconoscere e comprendere gli stati psichici dell’interlocutore e d’inferire la sua intenzione comunicativa.
Al momento attuale nessuna delle ipotesi sopra citate risulta soddisfacente. Il linguaggio è una funzione troppo complessa per essere comparsa in una volta sola come risultato di una mutazione sconvolgente, ma anche per essersi evoluta gradualmente in modo continuo. Tuttavia, una volta comparso, il linguaggio è diventato un dispositivo molto potente e si è moltiplicato fra le varie popolazioni fino a giungere alle oltre 7.000 lingue naturali attuali.

Tratto da LA MENTE MULTICULTURALE di Anna Bosetti
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