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Lo sviluppo dei conflitti : Domingo de Soto

Lo sviluppo dei conflitti : Domingo de Soto


La prima delle obiezioni alla legalità, all'opportunità, dei grandi imperi si basava sull'insistenza di tutti i membri della scuola sul principio tomista per il quale la supremazia apparteneva sì alla legge naturale ma era stata istituita da una decisione umana, con l'eccezione dei poteri del padre e del marito. Domingo de Soto diceva che solo due erano stati i sovrani di nomina divina: David e Saul; tutti gli altri erano stati eletti da uomini per la preservazione di una comunità politica umana. Fissato questo non si capiva perchè il dominium universale dovesse appartenere agli spagnoli piuttosto che ai francesi.  Il principio che recitava rex imperator in regno suo era il solo su cui si potevano reggere le relazioni internazionali. Un impero mondiale anche se avesse potuto garantire l'armonia universale, doveva limitarsi, de iure, ai territori che l'imperatore governava per ereditarietà. Fintanto che l'imperatore moderno era disposto a contenere le proprie ambizioni entro le frontiere dell'antico impero romano, non c'erano norme contro di esso contenute nel diritto romano; i problemi sorgevano quando, come in America, si compiva ogni sforzo per tradurre l'argomento de iure dell'universalismo el dominium imperiale, in un qualcosa de facto, nel possesso di terre che si trovavano senza alcun dubbio al di fuori dei confini storici dei romani.
Dato che, continuava de Soto, la potestà civile può essere ceduta solo dalla società in quanto corpo unico, un impero per essere universale dovrebbe convocare un'assemblea mondiale la cui maggioranza fosse favorevole a tale decisione. Solo il riconoscimento che aveva ricevuto Carlo V dai principi tedeschi era ciò che più si avvicinava all'idea, e anche quella comunque doveva rimanere entro i confini dell'antico imperium. Gli sforzi della scuola di Salamanca erano anche mirati a stemperare le mire cesaropapiste che appoggiandosi alle pretese Castigliane, con le sue bolle sembrava voler riconosciuta la proprietà universale. Da ciò che ha detto de Soto se ne deduce che la monarchia spagnola avrebbe potuto legittimamente considerarsi padrona delle Americhe solo se gli indigeni a maggioranza avessero riconosciuto tale dominio. Era questa la posizione di Bartolomè de Las Casas che tuttavia non è che contestasse la legittimità del dominio spagnolo sulle Americhe, quanto l'assenza della dimostrazione adeguata che gli indigeni avessero ceduto spontaneamente il proprio naturale diritto all'autodeterminazione politica, in modo da salvaguardare la loro incolumità e lasciarli qualche parola in proposito.
De Soto è anche più stringente di Las Casas dicendo che tutte quelle cose di cui gli abitanti di una regione hanno in comune ma non usano, non potevano essere prese da altri senza il consenso di coloro che vivevano lì (chiara allusione allo sfruttamento dei metalli preziosi).

Tratto da LA NASCITA E L'EVOLUZIONE DELL'IMPERIALISMO di Gherardo Fabretti
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