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Alleanza terapeutica e mentalità ospedaliera


Attualmente nelle pediatrie si è fatta strada l’idea che per poter lavorare in modo efficace è necessario che tutti gli operatori operino veramente in équipe, per allearsi con i genitori e con i bambini per una cura sia fisica che psichica del bambino. Si tratta della cosiddetta “alleanza terapeutica” in cui ciascun attore apporta la sua competenza e opera in sinergia con tutti gli altri.
Nei fatti questo è ancora un obiettivo raggiunto solo in parte o solo in alcuni luoghi, prima di tutto perché non è semplice scalzare la mentalità piramidale tipica delle istituzioni ospedaliere. Se a ciò si aggiungono le difficoltà per gli operatori causate dall’avere un rapporto quotidiano con la sofferenza dei bambini e dei loro genitori e la formazione un po’ carente sul piano umano, perché ancora molto rivolta all’acquisizione delle tecniche, si può ben capire perché questo tipo di nuova prospettiva stenti a prendere piede.
Nell’alleanza terapeutica il bambino è al centro dell’azione, di conseguenza tutte le azioni degli operatori sono in funzione del suo benessere e delle sue esigenze.
È necessario rivolgersi al bambino per spiegargli le scelte fatte, per chiedergli quali siano le sue riflessioni in proposito e, quando il bambino sia troppo piccolo per poter dire la sua, gli operatori dovranno rivolgersi ai genitori come interpreti delle volontà del loro piccolo.
È necessario elaborare strategie che centrino il problema dell’espressione, controllo e soluzione delle angosce che l’ospedalizzazione scatena sia in pazienti e genitori, che negli operatori sanitari.

Tratto da LA PAURA DEL LUPO CATTIVO di Anna Bosetti
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