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Insegnanti in ospedale: il rapporto con i medici e con i volontari


Nella maggior parte dei casi sembra che proprio non ci siano scambi tra le insegnanti inserite in ospedale e i pediatri: certo, se la maestra chiede, ottiene risposte, ma dev’essere lei a fare domande precise. A sua volta il medico si rivolge all’insegnante solo in caso di necessità. La maestra è ritenuta quasi una figura esterna.
Qualche insegnante non si è arreso a questa situazione e ha lottato in prima persona per instaurare un vero e proprio rapporto di collaborazione con medici e infermieri, conseguendo risultati magari non immediati ma sicuramente apprezzabili.
La maggior parte delle maestre valuta il proprio operato attraverso le risposte dei bambini: se al momento della dimissione il bambino non vuole andare a casa allora l’insegnante ritiene di aver lavorato bene, così come sono gratificanti le visite alla maestra durante il ritorno in reparto per i controlli successivi al ricovero.
Tutto ciò è sicuramente importante, ma risulta sovradimensionato dal momento in cui diventa “l’unica soddisfazione”, perché gratificazioni da parte degli altri nessuna.

La sensibilizzazione diffusa alle condizioni dei bambini ospedalizzati ha favorito nell’ultimo decennio l’aumento costante nei reparti pediatrici del numero di volontari a disposizione per affiancare mamme e infermieri nella custodia e accudimento dei piccoli ricoverati, oltre che per organizzare e promuovere attività di tipo ludico.
I volontari vengono in contatto con i genitori e i bambini ricoverati durante turni in genere di 3-4 ore settimanali, ma questo loro contatto è particolarmente intenso proprio perché sono a completa disposizione e possono dedicare il proprio turno a un unico bambino o al sostegno di un unico genitore.
Tutto questo lontano dal pericolo di un eccessivo coinvolgimento emotivo proprio grazie al tempo limitato in cui il rapporto può costruirsi.

Tratto da LA PAURA DEL LUPO CATTIVO di Anna Bosetti
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