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Le maestre in ospedale


Alcuni esperti inglesi hanno dimostrato come l’inattività, l’isolamento indotti nei bambini dall’ospedalizzazione determinino stati depressivi che compromettono un sano sviluppo psicologico, mentre hanno dimostrato l’efficacia dell’attività ludica per combattere e prevenire tali conclusioni. Di qui la creazione di una nuova figura professionale definita play-worker, addetto al gioco e all’animazione, inserita a pieno titolo nelle piante organiche delle strutture sanitarie per l’infanzia.
In Italia la situazione è diversa: si fatica a riconoscere l’utilità di un affiancamento del personale sanitario con figure di tipo educativo per rispondere in modo più completo ai bisogni dei bambini. E anche laddove questo riconoscimento è avvenuto, si è fatta una scelta diversa: anziché richiedere e formare personale specificatamente preparato, si è distaccato il personale in servizio presso le scuole materne ed elementari.
Perché un’insegnante dovrebbe lasciare la scuola per trasferirsi l’ospedale?
In alcuni casi si tratta di una semplice tappa di carriera, determinata da una circolare, o dall’avere l’opportunità di lavorare vicino a casa, fino ad arrivare ai casi in cui l’inserimento in pediatria rimanga una delle poche possibilità per lavorare con i bambini. Per altri operatori si tratta invece di una scelta dettata da una profonda crisi della propria identità di insegnante “tradizionale”, si vuole cambiare e uscire dalla routine. A tutto ciò spesso si intreccia una forte motivazione personale allo svolgimento di una helping profession: alcuni insegnanti provengono dalle scuole speciali in seguito alla loro chiusura definitiva, altri dichiarano di avere forti interessi per il bambino svantaggiato o comunque posto in situazioni “a rischio”.
È difficile per queste insegnanti avere delle aspettative definite su quello che sarà il lavoro in ospedale perché è un ambiente nuovo e diverso dalla scuola.
Solo in rari casi l’ente ospedaliero ha direttamente realizzato un progetto formativo articolato e completo delle insegnanti che sarebbero state inserite nel reparto pediatrico, garantendone anche l’aggiornamento continuo. Sono dunque solo pochi corsi di aggiornamento promossi dagli enti locali e dalle associazioni di volontariato le uniche iniziative mirate.
Le diversità che si incontrano, insieme alla completa libertà d’azione, possono risultare estremamente disorientanti per alcuni, ma anche stimolanti per altri che affrontano il nuovo con un forte investimento emotivo-professionale e trovano che il bello di questo lavoro sia proprio il mettersi alla prova, scoprire nuovi percorsi personali e professionali, inventare qualcosa che prima non esisteva. Le differenze oggettive tra una pluriclasse ospedaliera e le classi di qualsiasi altra scuola statale si collocano innanzitutto a livello temporale, essendo legate alla durata della degenza e all’età dei potenziali alunni.
In un simile contesto sorge spontanea la domanda sull’effettiva possibilità di una programmazione.

Tratto da LA PAURA DEL LUPO CATTIVO di Anna Bosetti
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