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La Polonia comunista

Il nuovo governo polacco ottenne il riconoscimento francese e angloamericano, mentre il governo di Londra divenne “il governo emigrato”, i cui presidenti continuarono a succedersi fino al ’79 (dico, fattene una ragione). Dalla guerra la Polonia uscì con 77 mila km2 in meno, la popolazione ebraica era scomparsa quasi del tutto, le minoranze lituane e ucraine raggiunsero le corrispettive repubbliche sovietiche. Migliaia di residenti riconosciuti come tedeschi lasciarono la Polonia per raggiungere le due Germanie. Il ruolo di Gomulka nel frattempo cresceva sempre di più. Questo capiva che il ruolo della questione agraria era fondamentale nell’instaurazione di un sistema comunista in Polonia. Il nuovo sistema finanziario polacco prevedeva la statalizzazione completa delle banche all’interno di un’economia pianificata in cui sarebbero stati presenti lo stato, le cooperative e le imprese private. Le industrie e il commercio sarebbero state parzialmente di proprietà dello stato. Tornato in patria, Mikolajczyk si diede da fare per riformare il Partito contadino polacco che divenne in poco tempo il maggior partito polacco. Rinacquero vecchi partiti, e per fermare questa tendenza il Consiglio nazionale vietò la nascita di nuovi partiti. Le elezioni si tennero nel 1947, precedute da un referendum nel quale si chiedeva un sì sull’abolizione del Senato, sull’adozione della riforma economica prevista dai comunisti e sulle frontiere con l’Urss. Le consultazioni non si svolsero all’insegna della regolarità, consegnando così, grazie ad un’ampia vittoria, il paese ai filosovietici. Nel ’47 la Dieta elesse Bierut Presidente e votò la Piccola Costituzione, con la quale la Polonia continuava formalmente ad essere una repubblica presidenziale. Il grande potere del segretario del partito polacco operaio Gomulka era compensato da quello del presidente Bierut (diarchia).

Tratto da LA POLONIA di Giulia Dakli
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