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Chi sono i "communitarians"?

I "communitarians" sono studiosi americani che guardano all'individuo come ad un essere inserito nel sociale; valorizzano la comunità perché la intendono depositaria in se di un bene comune che è fattore fondamentale per un vita collettiva giusta, umana e solidale. Essi pensano ad una comunità morale. Criticano l'individualismo in quanto esso propone un individuo isolato che considera la società unicamente come mezzo per raggiungere i suoi fini. La tesi dei comunitarians dell'esistenza di un bene comune depositato nella comunità, non frutto della partecipazione dei suoi membri ma "condizione" è pericolosa: a quali valori fa riferimento questo ethos comune? 

La concezione di un essere attivo al centro dell’esperienza umana e delle condotte sociali a cui la psicologia di comunità fa riferimento non ha alcun significato ideologico o morale ma, semplicemente, teorico empirico come assunzione, cioè, di un soggetto il più possibile concreto, desiderante e sofferente, capace di conoscere le cose e limitato nelle sue conoscenze, capace di scegliere e di agire pur se talvolta scelte ed azioni possono avere esiti negativi Questa dimensione attiva è peraltro anche quella che sta alla base della CURA, che si è istituzionalizzata come una delle fondamentali forme di relazione dell’uomo e degli uomini tra loro cura di noi stessi e dell’Altro, senza la quale, forse, l’umanità non sarebbe riuscita a sopravvivere, in quanto CURARE significa RALLENTARE L’ANDATA VERSO la MORTE ed il DISFACIMENTO attraverso il CAMBIARE, il PREVENIRE, il MODIFICARE. È evidente che tra speranza e pessimismo sulla condizione umana, la psicologia di comunità sceglie la prima strada altrimenti lo stesso concetto di ricerca-intervento che la guida non avrebbe alcun senso. Ma tale scelta non esime sicuramente dall’avere costantemente presente anche la “faccia oscura” della situazione dell’uomo nel mondo, la faccia cattiva del potere. 
Soggetto attivo dimensione attiva di conoscenza, pensiero, parola, azione che insieme convergono nella massima espressione di un essere attivo la PRESA di RESPONSABILITA’ 
Piattaforma instabile della nostra post-modernità, che può essere di volta in volta utilizzata come affermazione di pluralismo e di democraticità, oppure dei suoi esatti contrari. 
IO che esiste perché esiste un TU nell’”unità di una storia”. 
Resta da definire attraverso quali sets teorico-empirici la psicologia, ed in particolare la psicologia di comunità, possa farsi carico di questi individui nell’interezza delle dimensioni di cui sono portatori 
Noi pensiamo che la dimensione attiva dell’uomo possa venire colta uscendo dalla contrapposizione, ormai un po’ sterile, tra ottica individualistica ed ottica socio-costruzionista, puntando ad articolazioni dinamiche tra i soggetti individuali e collettivi ed il contesto sociale nella sua interezza di elementi simbolici e strutturali. 
Attività cognitive ed eremiti sociali 
Il concetto di soggetto attivo sul piano mentale è inserito nella psicologia contemporanea dal cognitivismo che da un lato riscopre il mentalismo kantiano e dall'altro si connette agli sviluppi della neurofisiologia. Neisser dice che il vedere, sentire, ricordare sono atti di costruzione. Una costruzione si concretizza nel concetto di schema che è un processo in cui si organizzano i dati provenienti dall'esperienza. Gli schemi sono una ricostruzione della realtà fatta dalla mente in modo attivo, raccolgono l'esperienza e contemporaneamente la guidano mediante procedimenti detti schema-driven. I conservatorismi mentali, gli stereotipi, la visione schematica e distorcente della realtà non sono dunque patologie mentali ma forme normali del pensiero sociale. L'attribuzione di causalità è la tendenza ad attribuire le cause di successo a se stessi e quelle di fallimento agli altri. Questi effetti self-serving (schemi, ecc.) uniti nel sociale a giudizi di valore possono trasformarsi in pregiudizi che compromettono l'integrazione sociale. La solidarietà non è un dono ma è un atteggiamento che necessita di educazione e partecipazione. Quando il soggetto è tratto dall'isolamento dandogli motivazioni e scopi per guidare la propria percezione, diviene più capace di ragionare sui dati della situazione e non solo su schemi mentali. Emerge un soggetto diverso se l'individuo non è più considerato un pensatore (eremita) ma uno che "fa cose", in situazioni del sociale concreto ove la dimensione attiva della mente si innesta alla dimensione attiva pratica. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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