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Il problema del gruppo per Lewin

“Nessuno vive solo” ha scritto Lewin. La teoria di campo lo portava quasi necessariamente verso il problema del GRUPPO il contesto sociale col quale l’individuo entra in contatto in molti momenti della sua esistenza, nel gioco, nella scuola, nel lavoro, nella vita religiosa, politica. 
GRUPPO come UNITÀ Nell’analisi lewiniana il gruppo è un fenomeno, non una somma di fenomeni rappresentati dall’agire e dal pensare dei suoi membri, è un’unità che la psicologia può assumere nel suo insieme. 
Lewin guarda al gruppo essenzialmente come al luogo della PARTECIPAZIONE e dell’AUTOGESTIONE DEMOCRATICA esperimento di Lewin, Lipitt e White (pag. 144) 
Si delineano così i temi che guideranno la ricerca lewiniana sul piano sociale il problema della COLLABORAZIONE DEMOCRATICA, della PARTECIPAZIONE, della COOPERAZIONE visti soprattutto nell’ottica del CAMBIAMENTO. Una ricerca che entra nel vivo della pratica sociale, soprattutto sul problema del cambiamento tende in questo modo ad assumere le caratteristiche di una RICERCA-AZIONE. 
1945 nascita del RESEARCH CENTER of GROUP DYNAMICS (presso il MIT) obiettivi: 
Promuovere una conoscenza sistematica e formulare teorie fondamentali concernenti le forze soggiacenti alla vita di gruppo, quelle che influenzeranno le relazioni tra i gruppi, quelle che agiscono sullo sviluppo della personalità e l’adattamento dell’individuo. 
Ridurre lo scarto tra il corpo di conoscenza delle scienze sociali e la pratica dell’azione sociale. 
Fornire un programma d’insegnamento poggiante sulle conoscenze accumulate nella dinamica di gruppo, sulle tecniche di ricerca, sulle tecniche di formazione di leader, sulla consultazione e sull’azione sociale. 
1946 T-Group (training-group) GRUPPO di FORMAZIONE Il gruppo di base, autocentrato, era chiaramente una sfida perché metteva al suo centro l’interazione pura, staccata da qualsivoglia fine pratico, utilitaristico. Esso cercava di dare concretezza all’idea che solo vivendo un’esperienza di sé tra gli altri ci si può conoscere; e, poiché esperienza e cambiamento sono intimamente connessi, ci si può cambiare ed aiutare gli altri a cambiarsi. Una sfida: perché lasciando da parte l’azione produttiva, il gruppo autocentrato lavora come unica materia sulla relazione umana, sconnettendola dall’agire pratico a cui è solitamente legata. Questo significa tagliare via dal gruppo tutto quanto è espressione dei suoi ruoli sociali, dei rapporti di potere in cui gli individui sono inseriti, dei compiti e lavori che svolgono , e lasciarli unicamente di fronte al senso della relazione con se stessi e con l’Altro. Quella che si crea è dunque una formidabile occasione per fare i conti con se stessi e con l’insieme delle dinamiche, soprattutto affettive, attraverso le quali si affronta la propria esistenza ed il rapporto con l’altro. Tutto questo non è esente da contraddizioni e problemi, che si manifestano soprattutto da quando, con la morte di Lewin, cessò il carattere di sperimentazione e di ricerca. La contraddizione principale nasce essenzialmente dalla frattura tra azione pratica ed azione volta alla riflessione: come è possibile, operando in contesti sociali organizzativi (la scuola, l’ospedale, l’azienda) ignorare la situazione concreta in cui il gruppo nasce e rinchiudersi nell’universo a-storico del gruppo di formazione? Come si può non cercare relazioni tra queste due realtà? 
CONCLUSIONI 
Lewin propone, attraverso queste esperienze, una via per riflettere sui “ponti” che possono unire il mondo psicologico con i grandi temi “politici” della partecipazione democratica. Il lavoro aveva al suo centro il concetto di partecipazione come modo di relazione tra le persone e di funzionamento per una collettività; si fondava sulla ricerca come strumento per analizzare in modo non dogmatico i problemi umani e sociali; si realizzava in gruppi nei quali erano garantiti a tutti uguali canali di comunicazione, uguali posizioni strutturali, complementarità di risorse, uguali possibilità di “avere voce”, ed infine un contesto tutelato. Limite mancanza di un senso del carattere pratico dell’azione, cioè come strumento di connessione non solo tra “dimensioni soggettive e dimensioni oggettive dei campi sociali” ma tra l’universo delle idee e quello della vita materiale, cioè delle relazioni di potere. 

Tratto da LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ di Ivan Ferrero
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