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La resistenza controtransferale


Può accadere anche che all'analista venga temporaneamente precluso l'accesso alla consapevolezza del proprio controtransfert, che è quello che Ehrenberg definisce "resistenza controtransferale". In questi casi la coscienza del controtransfert richiederebbe al terapeuta di affrontare aspetti di se stesso o emozioni troppo minacciose per lui, e le sensazioni generate dalla relazione con il paziente possono essere non riconosciute, o interpretate come non attinenti al contesto presente.

Ehrenberg in uno dei suoi testi porta come esempio a tal proposito l’essersi sentita assonnata durante una seduta: dopo aver pensato che tale stato riguardasse una sua reale stanchezza fisica, si era dovuta ricredere nell'ora successiva, rendendosi conto di essere d'un tratto sveglia e attenta e che quindi quella sonnolenza riguardava lo specifico rapporto con il paziente dell'ora precedente.

La resistenza controtransferale precluderebbe l'uso di dati che sarebbero utili all'analisi, oppure farebbe sì che il controtrasfert influisca negativamente sulla relazione, portando l'analista a compiere enactment o a colludere col paziente. Anche in questi casi la psicanalista sostiene che possa giovare al processo terapeutico un atteggiamento il più possibile autentico e onesto, e che il condividere il proprio stato col paziente, chiedendo a lui stesso se pensa che ciò possa essere generato dalla situazione interattiva presente, porti a importanti sviluppi nell'analisi. Sembra infatti che lavorare sul confine dell'intimità sia tanto più utile quanto più ci sono problemi di controtransfert, cioè quanto più è difficile farlo.

Quello che in passato veniva descritto come "problema dell'analizzabilità", potrebbe essere ricondotto, secondo Ehrenberg, a nient'altro che a difese o resistenze dello stesso terapeuta nel venire a contatto con gli aspetti più sofferenti del paziente, impegnandosi in prima persona nella relazione con lui. Come si è già visto, il tipo di partecipazione dell'analista incide molto sull'andamento dell'analisi, e il non voler affrontare importanti aspetti della relazione nel momento in cui essi si presentano, rimanendo ancorati al contenuto degli scambi verbali, può tradursi in esiti negativi. Per Ehrenberg ogni analisi non riuscita è un fallimento dell'analista e non del paziente.


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