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La politica in Aristotele


12.1 Sono varie le interpretazioni dell’opera di Aristotele: fra tutte, si può affermare che egli sia un moderato, poiché presenta caratteri innovatori rispetto al pensiero platonico, ma non se ne distacca completamente, non vuole essere un rivoluzionario.

12.2 Lo scopo della politica è, come per tutte le azioni umane, la felicità: pertanto, la saggezza va applicata innanzi tutto alla risoluzione dei problemi interni alla polis. In questo, Aristotele inizialmente studia la costituzione ideale sul modello platonico, poi le costituzioni politiche reali, infine lo stato ideale in base al suo modello politico.

12.3 Di certo Aristotele critica il collettivismo di Platone. Partendo dall’idea che la natura reca in sé un fine che caratterizza l’andamento del tutto, egli conclude che la famiglia e la proprietà privata non possono essere eliminate (vi si sviluppano i rapporti di comando e obbedienza) e che la schiavitù è un fatto naturale, poiché la natura, all’atto della nascita, non rende tutti ugualmente liberi.

12.5 Anche la città partecipa dell’ordine della natura: esistono sei classi sociali (agricoltori, artigiani, guerrieri, benestanti, sacerdoti, magistrati), presenti in tutte le città e finalizzate a svolgere diverse funzioni; il bene della polis si raggiunge quando c’è compartecipazione di diritti e beni fra gli eguali; se la natura attribuisce a qualche figura eccelsa (Alessandro Magno) delle virtù particolari, gli è dovuta subordinazione.

Tratto da LA SOCIETÀ APERTA E I SUOI AMICI di Luca Porcella
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