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Repubbliche e monarchie


4.42 L’aristocrazia funge da elemento di stabilità sia nelle repubbliche sia nelle monarchie: nelle prime tempera la natura del popolo, nelle seconde diventa la natura stessa della forma di governo. Non si tratta di aristocrazia in senso stretto, ma in senso più ampio: non solo la nobiltà, ma tutti quei corpi intermedi che possono costituire una barriera efficace contro gli eccessi.

4.43 Nella repubblica, la virtù costituisce il principio della forma di governo: non bastano le leggi né la forza coercitiva (del dispotismo), ma occorre la virtù da cui scaturisce lo spirito di moderazione, senza il quale nessuna repubblica può sussistere, e a cui dovrebbero concorrere anche i politici. L’effettivo funzionamento di una repubblica, dunque, dipende dalla misura della virtù, ed essa è determinata in gran parte dall’educazione. Nella monarchia, invece, il principio è l’onore, nel dispotismo la paura (in quest’ultimo, la virtù è inutile e l’onore è pericoloso).

4.45 In teoria, la monarchia è più efficiente della repubblica (garantisce decisioni più immediate), ma si preferisce quest’ultima se riesce ad essere veramente virtuosa e a garantire la felicità dei cittadini. Tuttavia, se le repubbliche non cercano di essere virtuose, degenerano e rischiano di agevolare il dispotismo (tipico del mondo asiatico). Accade, cioè, che il principio viene meno, quando si vuole realizzare uno spirito di estrema eguaglianza: in questi casi, il popolo rifiuta che qualcuno ricopra specifiche posizioni, e non li rispetta più.

4.46 La vera libertà, per Montesquieu, esiste quando nessuno può fare ciò che le leggi proibiscono: è insito in questa idea il senso del limite che deve costituire il presupposto dei governi moderati, poiché senza di esso è impossibile evitare gli abusi e perseguire l’autolimitazione da parte dei cittadini stessi. Questo senso del limite è difficile nelle democrazie dirette, mentre è presente nelle repubbliche rappresentative: qui il potere legislativo, eletto dal popolo, si limita reciprocamente con quello esecutivo e quello giudiziario, e all’interno del Parlamento stesso vi devono essere due parti, una del popolo e una dei nobili, capaci di tenersi a freno a vicenda. La libertà, inoltre, dipende dalla chiarezza delle leggi (il loro stile deve essere semplice, affinché siano recepite dal popolo e suscitino in esso le stesse idee), oltre che dall’educazione e dalla religione.

4.48 Per quanto riguarda il problema di come intendere la legge, Montesquieu si oppone al giusnaturalismo classico, in contrasto con lo storicismo che sta alla base di tutta la sua riflessione, basata sul senso della concretezza. Ciò lo porta a criticare le pretese di una costituzione perfetta, in quanto la politica non è l’ambito del perfettismo, e ogni utopia in tal senso deve essere evitata.

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