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La vita del Regnum Siciliae


Quello detto finora è un percorso tipico dell'Italia centro – settentrionale, dove l'indebolimento progressivo del potere imperiale consentirà l'affermarsi delle città – stato. Ma la conquista normanna e la costituzione del Regnum Siciliae al meridione, farà sì che qui si crei una situazione molto diversa. Già quando Ruggero II fissa delle leggi regie ma al contempo stabilisce delle eccezioni ad esse quando non contrastano apertamente con le prime, il re mostra di tenere in conto le autonomie locali siciliane funzionalmente ai suoi progetti di stabilità. La vita del Regnum Siciliae vive sempre combattuta tra due opposte polarità: quella centripeta della visione monarchica che vorrebbe annullare ogni diaframma tra re e sudditi e quella centrifuga delle autonomie feudali che gli stessi normanni avevano contribuito a installare. Succede così che le magistrature locali che nei primi decenni della conquista avevano ampliato il loro orizzonte di conquista sino alle campagne circostanti, ora da una parte vedono ridurre le loro prerogative, prevaricati dai vari funzionari regi, e dall'altra perdono domini a causa dell'infeudamento dei territori circostanti. L'istituzione poi di funzionari maggiori come i giustizieri e i camerarii e di funzionari minori come i baiuli e i capitanei sottrae alle universitates i diritti di cui avevano goduto per qualche tempo. Ora rimangono solo iudices minori a ricoprire cariche di giudizio civile, ma solo nelle città demaniali. Il diritto pubblico normanno – svevo comunque non riuscirà a ridurre al proprio giogo tutta la Sicilia e ci saranno sempre feudi indipendenti, consorterie ribelli e altre manifestazioni di larvato dissenso capaci di riunirsi in una forza compatta al momento dello scontro con la Corona.

Tratto da LA VALLE D'AGRÒ di Gherardo Fabretti
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