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Interpretazione delle Crociate. Seconda Parte


Le crociate in Occidente, dice Riley-Smith furono le più prestigiose, e furono il riferimento per le altre. Housley,  è meno convinto, sostiene che non è in discussione la dottrina ecclesiastica, ma in che misura la società la trovò accettabile. Molte prove di questa divergenza possono essere trovate. I “pluralisti”, analizzano l’idealismo religioso, la spiritualità, la fede, e spesso sembrano schematici, e ciò può portare talvolta ad un’adesione partigiana della politica papale. I “tradizionalisti” parimenti negano l’evidenza delle prove. Non è possibile escludere dalla storia delle crociate, coloro che seguendo il 1095 si segnarono con la croce per combattere una guerra di penitenza, solo perché i loro obiettivi non coincidevano con quelli dei primi crociati. Esiste anche il periodo di interpretazioni meccanicistiche, in cui le crociate da istituzione diventano “movimento”, che può avere con Housley, vita propria. Approccio che si accorda ad una cultura del giudizio tradizionalista (e pluralista) che ha segnato gli studi dopo il 1095. Esiste però un ombra sul fenomeno, e cioè che la maggioranza degli storici delle crociate, ha rilevato che in ogni periodo c’è incertezza a confusione, sul cosa aspettarsi. La tesi di questo saggio è che tale incertezza è endemica,  perché la crociata, come istituzione, esisteva solo come espressione di desideri e politiche per la realizzazione delle quali, la guerra santa era prioritaria: ambizioni ecclesiastiche, politiche dei papi, pratiche devozionali della nobiltà, sviluppo del culto cavalleresco e codice fondato sull’onore, espansione economica; le crociate furono la loro creazione. La crociata è esistita quindi solo in relazione alle contingenze dettate dal mutevole contesto medievale. Entrambe le interpretazioni non sono completamente accettabili, quindi è più utile e realistico osservare la fluidità e imprecisione del fenomeno, implicite nell’ambiguità della concessione delle indulgenze, e nella “trasferibilità” dei privilegi concessi. Quale fosse lo status di una guerra con la croce, non tutti i combattenti furono crusesignati. Lo stato d’animo umano è imperscrutabile; occorre accettare tutte le varie sfumature tipologiche del fenomeno, ma senza partigianeria. La mentalità di allora certamente era in linea con un concetto di guerra santa esteso che attirava privilegi; era consapevole della legittimità di una guerra in difesa della Chiesa; riconosceva la supremazia della guerra contro l’infedele; era ossessionata dall’immagine e dalla realtà della Città Santa e Terra Santa, santificate dal loro fondatore. Le crociate furono comunque solo una forma di guerra legittimata, solo un tipo di esercizio spirituale, solo un elemento nella politica dell’auto giustificazione cristiana.
L’invenzione delle crociate, ispira: la creazione, definizione, e nobilitazione di questa particolare forma di guerra, rispetto alla massa indistinta di elementi religiosi e secolari presenti nella società, e la conseguente composizione di opinioni e tradizione ad opera degli osservatori medievali e moderni. È sempre stata sottovalutata la mutevolezza del fenomeno crociato, perché esse infatti furono una risposta a bisogni diversi e mutevoli. La società cristiana espresse in questo fenomeno il proprio idealismo, essa guidò le crociate, e ne determinò forma e destino.Certo ci furono istituzioni legate alle crociate, ma è difficile pensare ad un “movimento” crociato, e come le prime furono un’invenzione dei contemporanei, quest’ultima lo è degli storici.

Tratto da LE CROCIATE di Elisa Giovinazzo
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