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La giurisprudenza sull’art. 38 c.c.


Sull'interpretazione dell'art. 38 non c'è, in giurisprudenza, uniformità di indirizzo.
Talvolta opera, soprattutto negli orientamenti della Cassazione, una tendenza riduttiva e «minimizzatrice » della responsabilità che l'art. 38 imputa a coloro che «hanno agito in nome e per conto dell'associazione».

Il Supremo Collegio argomenta che, «essendo le associazioni non riconosciute configurate dall'ordinamento quali autonomi soggetti di diritto, la prevista responsabilità personale di coloro che hanno agito in nome e per conto dell'associazione va qualificata come responsabilità per debito altrui, e non già per debito proprio, e in particolare come fideiussione ex lege.
Ne deriva:
a)che la responsabilità viene meno, a norma dell'art. 1957, se il creditore non abbia proposto le sue istanze entro 6 mesi dalla scadenza dell'obbligazione principale;
b)a norma dell'art. 1944, che il soggetto responsabile non gode del beneficio della preventiva escussione del fondo comune;
c)che la fideiussione «ex lege», essendo disposta a tutela dei terzi che entrano in contatto con l'associazione, investe solo coloro che abbiano agito in nome e per conto dell'associazione nei confronti dei terzi e solo per le obbligazioni che ciascuno di essi abbia assunto;
d)che non sussiste a carico di chi abbia agito come rappresentante dell'associazione, se non ne sia derivata una obbligazione per l'associazione;
e)che non sussiste nei confronti degli amministratori che abbiano deliberato l'atto, fonte dell'obbligazione, ma non abbiano agito all'esterno in nome dell'associazione;
f)che non sussiste a favore degli associati, che siano creditori dell'associazione, anche se per titolo diverso dal rapporto associativo;
g)che sussiste nei confronti di coloro che hanno agito in nome dell'associazione, anche se terzi estranei o semplici dipendenti di essa.

La premessa riflette una sopravvalutazione della soggettività giuridica delle associazioni non riconosciute o, se si preferisce, una sottovalutazione della loro carenza di personalità giuridica.
Coloro che hanno agito sono chiamati a rispondere per debito altrui perché, cosi argomenta il Supremo Collegio, si tratta di debito di un soggetto di diritto distinto dalle persone degli associati. Perciò, il fondamento della responsabilità personale non può essere l'appartenenza ad associazione priva di personalità giuridica: va, invece, ricercato in figure che giustifichino una responsabilità per debito altrui e, quindi, nella fideiussione, qui ex lege, collegata al fatto in sé dell'avere agito in nome dell' associazione.

Critiche

La critica può essere rapidamente formulata: la soggettività dell'associazione non riconosciuta non deriva da una generale norma attributiva, a tutti gli effetti, di una tale condizione giuridica (come per le associazioni riconosciute è fatta derivare dall'attributo di persona giuridica, conseguente al riconoscimento); è, invece, una soggettività ricostruita dagli interpreti sulla base di varie norme, ciascuna delle quali relativa ad un diverso aspetto dell'associazione non riconosciuta.
Sussiste solo in quanto rivelata da queste norme e solo nei limiti entro i quali queste norme la rivelano. Fuori da questi limiti operano altre norme che, come quella relativa alla responsabilità personale di coloro che «hanno agito», denotano l'assenza della soggettività giuridica.
Coloro che hanno agito per l'associazione sono trattati quali membri di un gruppo privo di autonoma soggettività: essi rispondono, personalmente e solidalmente, per debito proprio, non già per debito altrui.
La premessa ora criticata comporta, come le massime successive mettono in evidenza, quella che ho sopra definito come una «minimizzazione» della responsabilità personale prevista dall'art. 38, in contrasto con la qualificazione legislativa di queste associazioni come associazioni non riconosciute come persone giuridiche. La responsabilità viene fatta gravare su chiunque, associato o non associato, abbia contrattato con il terzo, ma solo se ne sia derivata una obbligazione (perciò, non può essere chiamato a rispondere a titolo di responsabilità precontrattuale, se il contratto non è concluso) e solo per l'obbligazione che ne sia derivata (perciò, non risponde delle obbligazioni nascenti da contratti conclusi da altri rappresentanti dell'associazione).
Sempre secondo questo indirizzo del Supremo Collegio, la responsabilità investe i rappresentanti esterni e non anche gli amministratori, quantunque questi abbiano deliberato l'atto. Si dovrebbe ulteriormente argomentare che la responsabilità personale ex art. 38 non sussista per le obbligazioni di fonte extracontrattuale, in particolare per quelle da fatto illecito, le quali non derivano dall'agire in nome e per conto dell'associazione. Quest'ultimo corollario non è, tuttavia, accolto dalla Cassazione, che al contrario ammette, per obbligazioni di fonte extracontrattuale, la responsabilità personale di coloro che hanno agito per l'associazione.

Tratto da LE PERSONE GIURIDICHE di Beatrice Cruccolini
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