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DIAGNOSI E SOCIETA’


L’essere umano è un insieme di miliardi di cellule e dentro questo brulicare di cellule salute e malattia esprimono concetti complementari. L’organismo tende a mantenere la propria integrità all’interno dell’ambiente di cui è parte ed è in ogni stato di “massima salute possibile” in ogni momento della storia di vita. Nello stesso tempo nasce malato dovendo agire per evitare di dissolversi con l’ambiente in uno stato definito morte.Gli uomini sono costantemente minacciati dalla malattia e la morte è una sconfitta e quindi la vita è una malattia con prognosi infausta e spesso si da per scontato un concetto di salute come “vittoria sulla morte”. La salute non può essere definita come assenza di malattia ed è importante considerare la salute come un concetto dinamico che si manifesta nel sistema culturale di appartenenza.
Diagnosi significa “conoscere attraverso” e in senso medico descrive una serie di fenomeni riconosciuti come patologici ma le diagnosi mutano nel tempo, vengono riformulate, ampliate e alcune eliminate. Ad esempio la depressione endogena ,cioè una infelicità patologica è causata da un malfunzionamento neurobiologico, è un concetto connesso a una certa idea di felicità e infelicità sane emersa nella cultura moderna. Una delle caratteristiche della diagnosi psichiatrica è la flessibilità nell’adattarsi prontamente a ogni mutamento delle norme sociali. L’esempio di eclatante di eliminazione di diagnosi psichiatrica è l’omosessualità:
-la diagnosi psichiatrica di omosessualità è scomparsa dai manuali di psichiatria a partire dagli anni ’70 sino all’ultima edizione del DSM in cui non ve ne è alcuna traccia. La motivazione ufficiale è che non ci sono stati riscontri scientifici convincenti da un punto di vista biologico e neuroendocrino. Dal punto di vista psichiatrico il movimento omosessuale può essere interpretato come la storia di un gruppo di malati mentali, accomunati dalla stessa diagnosi, che si organizza e lotta per dimostrare e rivendicare la propria normalità. Evento unico in quanto la psichiatria è una disciplina che cerca la patologia in ogni manifestazione comportamentale definita deviante dalle norme sociali.

L’ipotesi più probabile in questo caso è che ci sia stata una revisione diagnostica in conseguenza dell’azione di un movimento di opinione organizzato e consapevole. Vi è una coincidenza tra la progressiva scomparsa della diagnosi di omosessualità e la crescente capacità del movimento omosessuale di portare avanti le proprie istanze e opinioni.
Quando il paziente è in grado di acquisire forza e credibilità sociale la sua diagnosi psichiatrica vacilla sino a sgretolarsi, sebbene i suoi comportamenti devianti rimangano immutati.
Quando formuliamo una diagnosi scattiamo una fotografia di un evento complesso in continuo divenire e quando si formula una diagnosi psichiatrica questa sostituisce in toto la persona, diventa il nostro interlocutore: filtra qualsiasi informazione che proviene dall’oggetto di diagnosi attraverso la lente dell’obiettività scientifica. Per prima cosa quindi si stabilisce una rigida gerarchia che determina e influenza la relazione tra gli individui. Bisogna chiedersi se attraverso lo strumento della diagnosi lo psichiatra, come medico, sia provvisto di sufficienti conoscenze epistemologiche che lo costringono ad una riflessione sulla propria personale “pratica medica”. La diagnosi psichiatrica ha un impatto così forte sulla vita sociale che è necessaria un’autorità indiscutibile perché non venga messa in crisi e tale autorità non è interna alla scienza psichiatrica. Secondo Cazzullo la psichiatria ha ambizioni “imperialistiche” le quali hanno a che fare con la vita privata della gente.

Tratto da LE RADICI CULTURALI DELLA DIAGNOSI di Carla Callioni
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