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Sonoro nei film. Pudovkin, Balàzs e teoria del montaggio


I temi principali del dibattito sono in questa prima fase l’opposizione tra film sonoro(sincronizzato esclusivamente con musica e rumori) e film parlato, la questione dei rapporti fra il cinema e le arti drammatiche, che riacquista nuovamente una posizione centrale nel quadro della nuova situazione e soprattutto la nozione di “contrappunto”(asincronismo) tra immagine e suono, formulata per la prima volta nel 1928 dal manifesto dei russi e importa quasi immediatamente nell’Europa occidentale, che diverrà uno dei concetti chiave della riflessione classica sul cinema sonoro.
Nel corso dei primi anni Trenta, in concomitanza con l’affermazione generalizzata e definitiva dei talkies, gli interventi occasionali e polemici che contraddistinguevano La fase iniziale del dibattito cedono il posto a una serie di riflessioni più ampie e meditate (Pudovkin, Balàzs, Arnheim). Addentrandoci negli anni Trenta, assistiamo nel contesto britannico a una tardiva fioritura della letteratura teorica, suscitata da una parte dalla diffusione e dall’influenza in Inghilterra degli scritti sovietici sul montaggio(soprattutto Pudovkin), dall’altra dall’affermazione nello stesso periodo di una prestigiosa scuola documentaristica (Grierson, Rotha).
L’influenza delle teorizzazioni sul montaggio della scuola sovietica è ugualmente evidente nella riflessione dei due principali animatori del dibattito italiano sul cinema nella seconda metà degli anni Trenta(Chiarini, Barbaro).
Pudovkin e gli altri teorici della tradizione formativa hanno molta “fortuna” in Italia. Certo la loro visione rimarrà lontanissima dalla poetica zavattiniana del “pedinamento”, tuttavia si ha la netta impressione che l’adesione entusiastica ai principi della scuola sovietica, manifesti anche(soprattutto in Barbaro)un indiretta scelta di campo ideologica, del tutto confessabile in un epoca in cui, nel nostro paese, si poteva aderire apertamente alla teoria dell’asincronismo ma non certo alla teoria marxista.
Nel mutato clima culturale della seconda metà degli anni Trenta occupa un posto del tutto peculiare la riflessione eisensteiniana. In “Teoria generale del montaggio” enuncia nella forma più ambiziosa e sistematica la propria visione del cinema.
Addentrandosi negli anni Trenta, se non mancano le eccezioni di rilievo, si assiste ad un progressivo impoverimento della riflessione teorica. Ragioni molteplici: l’avvento del sonoro è senza dubbio uno dei principali fattori.

Tratto da LE TEORIE CLASSICHE DEL CINEMA di Laura Righi
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