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Settecento riformatore: l’assolutismo illuminato


L’età dell’assolutismo illuminato rappresentò lo sviluppo più maturo dei principi e delle funzioni dello stato moderno, ma anche la difficile sintesi tra assolutismo e illuminismo. I sovrani intesero portare a compimento un progetto di ulteriore concentrazione ed efficacia del potere sovrano, capacità di governo del territorio, consolidamento interno e internazionale degli stati attraverso la promozione di riforme e l’avvio di un processo di rinnovamento politico e sociale ispirato alle idee dell’illuminismo. Il processo riformatore gettò le basi per la crisi del vecchio ordine economico, sociale e politico ma non fu sufficiente per la sua trasformazione radicale. Per raggiungere questo obiettivo fu necessaria la rivoluzione. Si può distinguere tra assolutismo e dispotismo. Monarchia dispotica era quella dello zar di Russia che trattava i sudditi come schiavi, faceva applicare pene brutali nel paese disponeva a piacimento della vita e dei beni. Governava oltre la legge. Monarchia assoluta era invece il regime del sovrano per diritto divino che governava attraverso la legge. Una seconda distinzione interna all’assolutismo era fra quei regimi in cui il potere dei sovrani era limitato da altri organi costituzionali (parlamenti, diete, stati del regno) e regimi in cui la libertà d’azione del sovrano era meno vincolata (Prussia, Spagna, Danimarca).
L’amministrazione centrale: nel XVIII secolo ci fu uno sforzo più consistente per rendere più efficace, esteso ed efficiente l’esercizio del potere monarchico attraverso la specializzazione della pubblica amministrazione. Il bisogno di potenza nell’equilibrio degli stati, l’esigenza di un coordinamento tra il centro e la periferia del territorio nazionale, l’efficace controllo sociale, furono all’origine del rinnovamento delle strutture degli apparati amministrativi che investì l’intera Europa. Ministeri e segreterie di stato divennero gli organi politico-amministrativi più importanti degli apparati statali. Ma in Francia la vera emanazione del re era il primo ministro che doveva costituire il canale di mediazione tra la volontà del re e i sudditi, assisteva tutti i consigli e ne filtrava gli affari.                                                              
Un ruolo essenziale dopo Colbert giocò nella monarchia francese il controllore generale: era lui che metteva in moto tutta l’amministrazione del regno ed era in genere reclutato tra la nobiltà di toga. In Inghilterra la vera novità politico-istituzionale fu il consiglio di gabinetto, una specie di consiglio dei ministri presieduto dal primo lord della tesoreria e cancelliere dello scacchiere, responsabile delle sue decisioni collegiali davanti al parlamento. Più lenta fu in Spagna l’evoluzione del sistema amministrativo, che vide comunque nel corso del 700 l’ascesa dei segretari di stato.

Le riforme fiscali: le riforme intervennero in materia fiscale e tesero a fornire allo stato strumenti di certificazione relativamente più attendibili, capaci di colpire più in profondità e in maniera più equa i sudditi, divisi per categorie sociali e professionali. Attraverso la compilazione dei catasti si passò da un sistema fiscale fondato da un labirinto di espedienti provvisori pensati senza alcuna coordinazione a piani organici di accertamento dlela ricchezza mobiliare, validi per l’intero territorio statale.

La riforma della giustizia. Sull’amministrazione della giustizia nell’antico regime pesavano le esistenze di una molteplicità di giurisdizioni tra cui la più importante era quella feudale, e la confusione nell’amministrazione tra sfera giudiziaria e sfera esecutiva. Inoltre l’ordinamento non era realmente unificato. Su questo terreno le riforma dei sovrani assoluti furono limitate sia nella loro natura che nel grado della loro efficacia. La codificazione del diritto e la sua semplificazione contribuirono a modificare l’ordinamento ma le giuri9sdizioni privilegiate non furono abolite

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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