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Il problema dei generi letterari medievali

Nonostante le differenze tra epica, lirica o romanzo, la classificazione dei testi letterari medievali è complessa, poichè il Medioevo non ha un sistema vero e proprio di generi e di una teoria dei generi (che nascerà solo nel Rinascimento). Inoltre, la terminologia dell'epoca è insufficiente.

Una prima teoria dei generi, basata sul contenuto delle opere, appare all'inizio del XII sec. con Jeal Bodel, che distingue la materia narrativa in tre tipi: la materia di Francia (le canzoni di gesta), la materia di Bretagna, il ciclo di racconti e romanzi detti bretoni; la materia di Roma, che attinge direttamente dalla tradizione latina. Un secolo più tardi Dante, nel suo De vulgari eloquentia, distingue tra tragico, comico ed elegiaco. Ma questa distinzione non riguarda veramente i generi.

La retorica e la poetica degli antichi hanno fornito al Medioevo quattro schemi di classificazione: tipi di discorso, stili (genera dicendi: humile, medium, sublime), forme di rappresentazione, argomenti e materia. Di questi quattro schemi è il secondo ad avere rilevanza e, mentre nella retorica antica ha valore linguistico, nell'uso medievale si estende alla definizione della stessa materia, concernente non solo la lingua ma anche il rango sociale e l'ambiente dei personaggi.

In De Arte Prosayca, metrica et rithmica, Giovanni di Garlanda osserva che Virgilio, con Bucoliche (pastori), Georgiche (contadini) ed Eneide (guerrieri) ha dato una degna applicazione dei tre stili.

Jauss sostiene che tre ragioni rendono difficile stabilire i generi medievali: l'incertezza cronologica delle opere, l'assenza di imitatio, cioè la totale indipendenza da modelli classici, l'assenza di poetiche. Inoltre, nessuno dei generi medievali ha avuto seguito nella storia della letteratura occidentale. L'impossibilità ultima di una teoria si palesa quando occorre classificare i capolavori.

Tratto da LETTERATURA COMPARATA di Domenico Valenza
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