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La teologia Africana

La teologia Africana


Lo scontro tra i Vandali di fede ariana e gli africani di fede cattolica fu molto più violento che in altre regioni dell'occidente pur invase da barbari di fede ariana. Proprio intorno al contrasto di fede si polarizzò l'ostilità tra invasori e invasi, così che cattolicità divenne sinonimo di romanità e le dimensioni politica e religiosa del dissidio finirono per unirsi inestricabilmente.
L'Africa del V secolo fu un'Africa dottrinalmente più forte e resistente delle coeve Gallia e Italia, perchè forgiate dalla forte personalità e dall'indottrinamento di Agostino. I barbari qui impattarono contro un clero ben preparato che proprio nel rinnovato contrasto dottrinale trovò nuove occasioni di crescita.
La violenza delle persecuzioni di Genserico riecheggiano negli scritti di Quodvultdeus, che con l'efficacia di uno stile di tempra e influsso tipicamente agostiniani diede corposa espressione al senso di angustia di quel periodo. Vittore di Vita diede la stessa immagine qualche anno dopo, con la persecuzione di Unerico. L'opera di Vittore di Vita è una sorta di documento polemico che mischia documentazione storica di prima mano a lamenti lirici di forte vis romana. Vittore voleva soprattuto dare una testimonianza della triste epoca in cui si trovava. In appendice fornisce il Liber fidei catholicae, il documento dottrinale che i vescovi cattolici presentarono nel 484 al colloquio voluto da Unerico tra esponenti cattolici e ariani, che si concluse con l'esilio dei secondi.
Questi teologi africani sono perfettamente aggiornati anche in merito alla controversia cristologica in Oriente e riescono a integrare tra loro i due temi. Questa capacità si avverte in Vigilio di Tapso e in Fulgenzio di Ruspe, che fu il maggiore teologo africano alla morte di Agostino. Fu vescovo e difensore della posizione agostiniana ed ebbe dibattiti dottrinali con il re Trasamundo.
Alla conquista bizantina, i problemi cristologici divennero di primaria importanza e la politica di apertura di Giustiniano nei confronti dei monofisiti trovò in Africa fortissime ostilità. Facondo di Ermiane fu in prima linea e difese dall'accusa di nestorianesimo Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Cirro e Iba di Edessa. Facondo mostra una raccolta di documenti storici imponenti per quantità e mostra una rara capacità di comprendere storicamente le articolazioni di un contenzioso dottrinale che si trascinava da tre secoli.
In poesia emerge il nome di Draconzio, che scrive il De Laudibus Dei, composto mentre languiva in carcere per ordine del re Guntamundo. La sua poesia è la solita esegesi biblica perifrastica in senso poetico che però mostra ampia padronanza della tecnica versificatoria e buona conoscenza della tradizione classica. Ricordiamo anche Romulea. Sono documenti importanti che dimostrano come sotto i regni di Trasamundo e Guntamundo fiorissero attività letterarie laiche mentre in ogni altro posto fioriva solo quella dei clerici.

Tratto da LETTERATURA CRISTIANA ANTICA di Gherardo Fabretti
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