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Le accuse alla letteratura apologetica


- Accuse filosofico – religiose, nate in nome della difesa dei valori tradizionali della romanità. Troviamo dunque Luciano, Epitteto e Galeno.
- Accuse sociali – religiose, nate sulla base di più concrete preoccupazioni di ordine politico. Troviamo qui Plinio il giovane, Svetonio e Tacito.
Epitteto critica la mancanza di paura della morte dei cristiani, enumerando varie categorie di persone che nutrono lo stesso sentimento: bambini, pazzi, depressi, filosofi stoici. I cristiani però non hanno paura della morte solo per abitudine e non per un ponderato ragionamento.
Luciano ne parla a proposito della morte di Peregrino, un filosofo considerato da Luciano un ciarlatano, che dopo essere stato cristiano per un po', si fa cinico e per dimostrare il suo disprezzo verso la morte si getta nel fuoco a Olimpia. I fratelli cristiani che lo vanno a trovare sono dei creduloni e dei fanatici che non temono la morte.
Galeno infine ammira la loro moralità, la loro continenza, ma batte anche lui sulla credulità e l'assenza di paura dalla morte.
Plinio, Tacito e Svetonio concordano sul fatto che il cristianesimo sia SUPERSTITIO, ovvero non faccia parte del mos maiorum, sia una manifestazione di fanatismo e non sia riconosciuta dall'autorità. Il cristianesimo è anche religio PRAVA, EXITIABILIS, NOVA e MALEFICA.
Plinio scrivendo a Traiano nel 112, quando Plinio era governatore della Bitinia, chiede istruzioni all'imperatore su come comportarsi con questi cristiani, che non sa davvero per quale reato condannarli. Tacito a proposito dell'incendio di Nerone pur giustificando i cristiani lascia intendere che essi si sono comunque macchiati di FLAGITIA (infamie) per il loro odium humani generis.Svetonio accusa anche di magia e non vede per niente di buon occhio questa religio nova, nova e dunque senza tradizione.
Ormai nel II secolo i cristiani sentono il bisogno di giustificarsi dalle continue accuse rivolte a loro. Con l'imperatore Marco Aurelio la repressione si fa ancora più dura. Aurelio, nonostante l'immagine che ha lasciato ai posteri, non ha alcuna simpatia per i cristiani, anzi nutre una profonda antipatia per loro. A differenza di Galeno ed Epitteto, rispettivamente suo medico e suo maestro di filosofia, vede la totale assenza di paura della morte dei cristiani senza alcuna bonarietà, giudicandola teatrale e leggera.
Ma non è da vedere tanto in questo il motivo della loro persecuzione quanto nel progressivo allontamento della popolazione romana dal servizio militare, proprio in un momento in cui i barbari premevano ai confini dell'impero. Questa parataxis, come viene definito l'atteggiamento di opposizione frontale alla leva, risulta naturalmente particolarmente odioso nei cristiani. Giustino muore nel 165. Policarpo nel 166 o 167 a Smirne. Come reagiscono i cristiani?

Tratto da LETTERATURA CRISTIANA ANTICA di Gherardo Fabretti
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