Diceria e L'uomo invaso - Bufalino -

Nell'ennesima confusione di ruoli che infittisce la tenebra, l'investigatore segugio è anche colui che viene braccato e spiato da un invisibile e minaccioso inseguitore per un perverso meccanismo che il protagonista del racconto Il pedinatore scioglierà nella spaesante certezza di essere parte di qualcosa che non si sa. In Diceria è lo stesso narratore, da appassionato e usuale lettore di gialli, a porsi sulle tracce dei contraddittori indizi seminati da Marta, e che tuttavia, a propria volta, si diverte a lasciare il lettore senza la soluzione di enigmi narrativi fatti emergere ad arte e subito occultati. Anche la dedica sibillina del libro, a chi lo sa, non è che l'anticipazione di una costante tendenza alla sospensione nel dubbio che non a caso avrà i suoi esiti più compiuti nei romanzi bufaliniani a più esplicita caratterizzazione giallistica, nei quali l'inconcludenza si fa ripetutamente specchio di quella mancanza di completezza tipica dell'esistenza e già lamentata in incognito da padre Vittorio. La vita pirandellianamente non conclude, e la lacuna diventa emblematicamente carenza ontologica, dubbio radicale, sospetto di una mancanza non verificabile, tutte interscambiabili varianti di una condizione limbale tra il sapere e il non sapere che, forse ancor più incisivamente che nei romanzi, lo scrittore interpreterà in modo quasi ossessivo nella misura breve dei suoi racconti.  In questo indefinibile limbo vivono molti dei personaggi dell'Uomo invaso, a vario titolo in bilico sulla soglia di intuizioni di verità che sgomentano tanto Noè quanto Euridice. Tutti i personaggi della raccolta, in prossimità di dolorosi svelamenti, si fermano, invase da interrogativi che rimangono tali e che le consegnano ad un insoluto destino configurantesi di volta in volta sotto diverse fattezze.