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La memoria in L'uomo invaso - Bufalino -


Senza ricordi però non si può vivere: lo impara tragicamente a proprie spese l'anonimo e inquietante protagonista di uno dei racconti dell'Uomo invaso, che persa la memoria cerca disperatamente di rubarla agl altri perché essere senza ricordi è come essere senza vita. L'intreccio imprescindibile di memoria e identità è del resto un altro dei punti fermi della poetica bufaliniana del ricordo, ripreso in più occasioni congiuntamente a riflessioni sul tempo esplicitamente debitrici del cotidie morimur di Seneca ed implicitamente in polemica con la visione agostiniana di cui vengono recuperati i termini fondamentali per rovesciarne però le conclusioni a favore di una specifica attenzione al passato: noi siamo ciò che ricordiamo, la vita è soltanto memoria. Il futuro è una nuvola gassosa e inafferrabile e la memoria regna sulla speranza, perché la prima trova conforto sull'accaduto, la seconda non ne trova nell'inaccaduto. Presente e futuro non esistono. Esiste solo il passato. Nel passato Bufalino si certifica e si battezza.

Museo d'ombre e La luce e il lutto.

La memoria è dunque deposito e garanzia di identità ma questo avviene per Bufalino sia sul piano individuale sia sul piano collettivo, cui dedica anzi intere raccolta di testi brevi come Museo d'ombre e La luce e il lutto. All'interno di questi testi, i reperti d'esistenza storica designano la memoria di una comunità e si fanno un tutt'uno con le voci e ombre più intime di ciascuno. In entrambe le opere la memoria è quella di una Sicilia perduta ma che tuttavia continua a vivere nei piccoli centri. Il culto del passato qui si salda con il culo del lutto, della morte e dei morti. In ogni caso a giocare un ruolo importante c'è sempre per Don Gesualdo la componente del rintanamento, che amplifica il senso della memoria, perché chi vive in luoghi piccoli ed esclusivi ha questo vantaggio rispetto a chi vive nelle metropoli.La sicilitudine e l'isolitudine sono allora chiavi privilegiate alla scrittura memoriale anche se Bufalino si dichiara contrario a insistere su questi caratteri, che finirebbero per diventare macchiettistici: sicuramente nel racconto del passato i siciliani hanno delle peculiarità ma il motivo principale rimane sempre la dinamica interna della letteratura tout court; per Bufalino non esiste letteratura che non sia memoria.
La questione dell'inscindibilità tra memoria e scrittura è dunque sempre presente nella mente di Bufalino, perché entrambe artefici dell'unica possibile fuga da quel presente che si avvicina sempre più alla morte. Memoria e scrittura sono il miracolo del Bis, il Riessere, la subordinazione dell'Essere al Riessere, della vita alla sua mimesi, delle azioni e dei sentimenti all'opportunità della rievocazione. Questo Bis, della mente e della penna, non è un'asettica riproduzione ma si tinge di inediti. Raccontare un ricordo, farlo diventare una fiaba, ha il vantaggio di addomesticarlo, di togliergli il veleno, col rischio però di ridurlo ad una silhouette del nulla. È ad esempio ciò che accade in Felicità del bambino punito, un racconto dell'Uomo invaso, poi riversato anche in Calende Greche. I sogni della memoria che fingono il Riessere sono dunque effimeri, fugaci, destinati a scomparire nel nulla. Bufalino si compiace di vedere in televisione vecchi film ma il moderno déja vu non è sufficiente: sa perfettamente di trovarsi davanti ad uno sterile bis, alla riproposizione di qualcosa che è sempre uguale sé stessa, un Riessere a loop che sembra farsi metafora di morte. L'unico modo di mutare leggermente le cose è reinventare soggettivamente lo svolgimento, come il protagonista di Diceria, modificandone il ricordo originario. Ma è una reinvenzione tecnologica che odora di camposanto, lontana da quell'aura di sacro che si spande dai penetrali della memoria. Non ha simpatia eccessiva Bufalino per il mezzo tecnologico, vorrebbe pulirsi le mani con lo zolfo come Ulisse, dopo ogni uso. Meglio allora la scrittura, che è del resto la scelta alla base del romanzo di Diceria, nel quale tenta di togliere veleno al ricordo della malattia facendolo diventare un racconto – fiaba, destinato a non svanire perché conservato per sempre dalla pagina.

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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