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La teatralizzazione della vita - Bufalino -




La scelta deliberata di una menzognera teatralizzazione della vita può anche spalancare gli abissi del dubbio, ancora più profondi di quelli dei personaggi pirandelliani, poiché di sospetto in sospetto, di finzione in finzione, si finisce per approdare alla consapevolezza terribile di una sostanziale inesistenza: io inesisto, si dice in Argo il Cieco.
Parvenza ed inesistenza, finzione e realtà, vanno in cortocircuito. Ricorre allora un'altra metafora bufaliniana molto presente, quella della falsità della vita come rapporto tra pupi e puparo. Se l'intera realtà non è che una rappresentazione scenica, si può ipotizzare che a tesserne la regia, a muovere i fili, sia un nascosto dio – puparo. Un dio dimidiato che necessità dei pupi per esistere.
Un dio – puparo che può essere concretamente doppiato dallo stesso scrittore, occulto burattinaio dei propri personaggi e all'occorrenza, nel frequente ricorso all'autobiografismo, anche di sé, con quel particolare piacere di apparire pupo e puparo insieme in una delle tante Opere di Pupi della vita.
Rispetto al Ciampa di Pirandello che rivendicava il diritto a farsi pupo per conto suo in ossequio ad una rispettabilità sociale, siamo qui nuovamente dinanzi ad un pirandellismo dentro lo scrivere, un pirandellismo introvertito (Sciascia) che diviene volutamente doppia citazione intertestuale: di Pirandello e di quesi testi sulle storie dei paladini che hanno ispirato la tradizione dei pupi siciliani. Quel mondo aveva suggerito a Pirandello la sua teoria dei pupi in cui il pupo diventa maschera della vita mentre Bufalino rifonde la variabile pirandelliana con l'originale marionettistico – cavalleresco in una nuova mistura di menzognere confusioni per cui il protagonista del racconto Ciaciò e i pupi, aiutante di un burattinaio, può partecipare – tra sogno e realtà, esaltazione e autocompatimento – alle eroiche imprese di dame e cavalieri mentre riposa, inerme pupo anch'egli, tra i fantocci accatastati alla rinfusa dopo lo spettacolo.

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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