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Il problema del verbo “rinnovare” - Ungaretti -


Apriamo adesso una breve riflessione di ordine lessicale per segnalare il valore semantico della voce verbale Rinnova, che appartiene ad un vasto settore di verbi a prefisso -ri. Si pensi ad alcuni lemmi ungarettiani come riconoscere, ricordare, rilucere, riconoscere, risorgere, risvegliare, rivedere. La lirica Per sempre, che conclude ll Taccuino del vecchio, presenta in pochi versi una cascata di questi verbi della ripresa. Il prefisso –ri indica in genere ripetizione e ritorno ad una condizione precedente. Oltre al valore iterativo esso ne ha anche uno intensivo, ed è quest'ultimo a connotare gli usi lessicali ungarettiani in cui questo prefisso è presente. La famosa dichiarazione di poetica risillabare le parole ingenue allude non tanto ad una nuova pronunzia delle parole, colte quasi all'inizio della loro storia, quanto piuttosto ad una creazione originaria, alla nascita stessa del linguaggio qual è attestata, ad esempio, dall'ingenua voce di un bimbo.
Il punto di più ardua comprensione di tutto Ungaretti sta nella sua convinzione profonda  che il dono della parola abbia una realtà fisica, corporea, e nell'idea di una metamorfosi radicale, una potenza di metamorfosi, una forza di metamorfosi che garantisce la vita della parola. La parola poetica ha il compito di conservare la memoria dei corpi che invecchiano e muoiono. Secondo Ungaretti, Petrarca scriveva per trasformare le parole del ricordo in parole vive. Qualcosa di simile aveva fatto Dante, costringendo la realtà a ritrovare lo stato drammatico di materia vivente, di corpi reintegrati nella loro materia. La poesia è fatta di parole vive, di parole che si colmano dei nostri ricordi e di parole che tendono a sottrarre le creature mortali al decomporsi e al perire. Nella poesia la creatura vivente e mortale assume un corpo immortale.

Tratto da LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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