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La sesta strofa - Assenza di Gozzano

La sesta strofa - Assenza di Gozzano


Se la luna che pensa al ritorno può ispirare un senso di certezza, l'ansia che nasce dall'attesa non si placa del tutto, ma si lega ad altre immagini: Lo stagno risplende. Si tace / la rana. Ma guizza un bagliore / d'acceso smeraldo, di brace / azzurra: il martin pescatore...
Nell'Amica di nonna Speranza (originariamente del 1907 come l'Assenza) la presenza dell'acqua, lo specchio del lago, asseconda la fantasticheria, il sogno ad occhi aperti. Altrove Gozzano dice che l'acqua della pioggia tiene prigionieri i sogni e le anime. Probabilmente, nel movimento discendente che lega le immagini dell'Assenza, è fatale che il poeta si incontri con l'acqua, che sta sempre in basso, specchio narcisistico e insieme simbolo dell'acqua materna delle origini.
Il brillìo dell'acqua al tramonto e il silenzio della rana creano un'atmosfera di sospensione che tosto viene rotta dall'intensa folgorazione oniroide con cui si annunzia l'apparizione del martin pescatore. A livello denotativo, non sorge alcuna difficoltà ad intendere il bagliore / d'acceso smeraldo, di brace / azzurra come descrittivo del vivido sfavillìo coloristico delle piume dell'uccello. La relativamente vivace impertinenza nell'uso dei colori, con il rosso accostato al verde e all'azzurro, muove anche da suggestioni letterarie ed è comunque destinata a lessicalizzarsi nell'opera di Gozzano. Di là dal microcontesto, è però da notare che acceso, partecipando un poco della giovinezza accesa è prevalentemente connotato in senso vitalistico e comporta qualche sfumatura erotico – orale. Oltre alle valenze che gli derivano dal contesto dei Colloqui, nell'acceso smeraldo dell'Assenza si avverte l'attrazione esercitata dal vicino alone del geranio vermiglio, cioè dal rosso della bocca. A questo punto, se il martin pescatore è un uccello che si nutre di pesciolini e animaletti acquatici, sembra naturale vedere nella sua fulminea apparizione proprio l'attimo in cui esso si tuffa con grande rapidità e destrezza per afferrare con il lungo becco la preda che subito divora. Dal bacio dell'incipit al librarsi del Papilio sul geranio per succhiarne il nettare, da questa scena al guizzo predatorio del martin pescatore, le immagini sono emblematiche dei percorsi della prima sessualità umana, che, per Freud, è orale e va dall'attività di suzione connessa al bisogno alimentare allo stadio sadico – orale del mordere e distruggere l'oggetto. L'ambivalenza pulsionale che caratterizza questo secondo stadio dell'oralità, si struttura sulla coppia di opposti attività – passività, le quali tuttavia non si pongono in termini nettamente antagonistici, come invece accade nella successiva fase anale. È appunto per questo che ogni fantasia di divoramento coinvolge nell'infante l'altra di essere mangiato dalla madre. Il bacio, nato appoggiandosi sulla funzione alimentare, compie la sua metamorfosi erotico – cannibalica fino al punto in cui “il potere amoroso sull'oggetto coincide […] con l'annientamento di esso”.

Tratto da LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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