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La settima strofa - L'assenza di Gozzano

La settima strofa - L'assenza di Gozzano


L'onnipotenza narcisistica che il poeta ritrova nella regressione orale non può che culminare nella fantasia sadica e predatoria dell'uccello divoratore, che significa insieme la madre e il figlio. Ma alla pulsione di morte che emerge col fantasma di incorporazione si associa inevitabilmente il senso di colpa per la temuta distruzione di sé e dell'oggetto. Ed è dall'inquietudine per la propria aggressività, e dal sentimento di colpa (freudianamente, varietà topica) che si difende il poeta: E non sono triste. Ma sono / stupito se guardo il giardino... / stupito di che? non mi sono / sentito mai tanto bambino... Ancora la sua tristezza vana e senza mete (v. 8 di Torino), negata e quindi riaffermata, per la terza volta. Ma qui su tutto prevale lo stupore di chi, attinto il punto più basso di abbandono al gioco dei fantasmi, ha potuto eccezionalmente intravedere qualche particolare delle scene che si svolgono nel giardino della propria esistenza profonda (e la sapiente pungeggiatura aperta, innovativa rispetto a B, allude ad altre visioni, ad altri sensi). Che il giardino sia quello della propria vita, è dichiarato da sistema dei Colloqui, dove esso ricorre quasi esclusivamente in contesti metaforici, o intricato al motivo dell'infanzia perduta (Cocotte, Pioggia d'Agosto, secondi Colloqui). Colui che scende nelle zone più remote e nascoste del proprio essere, da questo abisso ritorna sconvolto e stupito. Il solo stupore che si registra nei Colloqui, oltre a questo dell'Assenza, appare in Cocotte, in relazione all'esperienza del bacio della cattiva signorina.

Tratto da LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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