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Saba vittima di Petrarca


Nell'intricato sistema di vita – poesia che va sotto il nome di Saba, i tre protagonisti del dramma oresteo – edipico vengono alternativamente soppressi, tra matricidio, parricidio e autoannullamento. Madre e padre si scambiano i ruoli e sono alternativamente distruttivi verso il figlio – poeta, il quale a sua volta tende a negare la sua stessa nascita o a distruggere ora sé, ora la madre, ora il padre, con la conseguenza di essere invaso dai sensi di colpa e di esprimere il bisogno di essere assolto grazie alla parola poetica: scrivere vuol dire confessarsi, e ci si confessa per avere l'assoluzione.  Nel complesso gioco fantasmatico da cui è investita la sua vita – poesia, Saba può credersi vittima del petrarchismo, ma anche ritenersi in privato il più grande poeta italiano e definirsi in pubblico fra i più grandi poeti dell'umanità. Saba vittima del petrarchismo è fantasmaticamente, e per spostamento, la vittima del proprio padre Petrarca, quello stesso verso il quale, alle origini della sua poesia, egli aveva guardato come al poeta maggiore di un canzoniere che egli si accingeva a riprendere e ripetere come Canzoniere di un poeta minore. Ma così non lo chiamerà. Perché osa titolare la sua opera così come nessun altro, dopo Petrarca, aveva osato fare? Perché i figli crescono e possono / devono stare alla pari accanto ai loro padri, salvo non guarire e restare in una condizione ambivalente nei confronti di tutti, di sé, dei padri, della vita e della poesia. Questa è la verità finale, e feconda, del libro che si chiama Canzoniere. Ce lo dice tutto il processo di razionalizzazione attestato in Storia e cronistoria e non regge l'idea che il titolo sia stato espunto dalla traduzione italiana di Heine da parte di Zendrini.  Saba è intriso fortissimamente di petrarchismo e non a caso parla, in un passo, di Canzoniere di Petrarca e di Leopardi. L'attribuzione del titolo di canzoniere ai Canti non è un lapsus ma una vera e propria definizione critica.
Egli vedeva nelle Rime petrarchesche e nei Canti  l'idea poematica di una autobiografia in versi alla quale aspirava per sé stesso, producendo ed elaborando materiali che avrebbero fatto di lui un poeta che, rivendicando le sue origini petrarchesche e leopardiane, si collocasse alla pari accanto a loro, e con un Canzoniere come il loro. Strada facendo gli deve essere apparsa sempre più chiara la matrice petrarchesca del linguaggio leopardiano, e sempre più insopportabile la sua dipendenza da quel grande padre della lirica europea. Tutta la sua opera ultima può essere vista come un fallimentare tentativo di difesa da quel padre che egli, al di là delle razionalizzazioni difensive, continua ad amare intensamente.  È certo che egli leggeva Petrarca guidato da Leopardi, e l'edizione delle Rime curate da Leopardi agisce prepotentemente sulla sua formazione, a partire da quella Prefazione dell'interprete che egli dovette sicuramente e spesso meditare con molta attenzione, sia per le osservazioni di tecnica poetca sia per la delineazione indiretta di una aspirazione alla chiarezza al cui servizio si pone la prosa semplice e chiara del poeta commentatore. Non escludiamo che questo abbia potentemente suggestionato il primo Saba fino forse a suggerirgli come titolo possibile del primo canzoniere Chiarezza. E se Leopardi aveva in mente un riordino delle Rime petrarchesche, cos'altro è Storia e cronistoria? E Leopardi di questo lavoro voleva che fosse simile ad un romanzo, e romanzo chiama Saba il suo canzoniere.


Tratto da LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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