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Ungaretti e la metafora del viaggio

Ungaretti e la metafora del viaggio


Il viaggio nel Porto Sepolto e nell'Allegria

La metafora disseminata che soggiace alla concezione del Porto sepolto del 1916, e della successiva Allegria di naufragi del 1919, è quella del viaggio per mare, affrontato da un girovago, da un nomade che vive sino alla morte in balia del viaggio. L'espressione in balia del viaggio è sovrapponibile a quella comune di in balia delle onde e fa presentire che il viaggio può finire in naufragio; forse deve necessariamente finirvi. Ungaretti assume questo naufragio paradossalmente, ironicamente, come lo scopo stesso del viaggio per terra e per mare. Il suo viandante si sente straniero ovunque, dal momento che in qualunque luogo della terra avverte il peso di epoche troppo vissute mentre in realtà egli aspira a camminare sulla terra promessa, una terra nuda come nel primo giorno della creazione.
La linea profonda del viaggio metaforico – esistenziale dello straniero si impianta nell'Allegria su un preciso e duplice correlato narrativo e biografico qual è quello dello sradicato Moammed Sceab di In memoria, e l'altro dell'Affricano a Parigi. Nei termini propri dell'Allegria, il suicidio di Moammed è il naufragio senza allegria di chi incontra la morte senza avere trovato nel proprio abisso il fiore della parola poetica.

 Il viaggio ne L'Affricano a Parigi.

Diversa la filosofia del viaggio dell'Affricano a Parigi, il quale, a differenza del suo compagno che in nessun paese si poteva accasare, trova nella trasmigrazione, nella fine del tempo e dello spazio, e quindi nel naufragio finale, un attimo di esultanza, un attimo che soltanto amore può strappare al tempo, l'amore più forte che non possa essere la morte. Difficile definire quest'attimo, ma forse la cosa è semplicemente intuitiva. Tentiamo di illuminare questo passaggio citando Friedrich Schleiermacher, un filosofo romantico forse non ignoto a Ungaretti, il quale sicuramente potrebbe occupare un posto notevole in quella storia dell'infinito della quale si legge qualche lacerto negli scritti ungarettinai. Nel Terzo discorso sull'educazione religiosa del 1799 Schleiermacher parla di trovare la via dell'Universo. Il paragone con Ungaretti è immediato: il mondo poetico ungarettiano nasce con l'Allegria e termina con le Nuove, in un rapporto di tensione permanente verso l'universo, mediata dall'amore. Nell'Allegria, nel componimento Fiumi, troviamo il poeta che si riconosce come una docile fibra dell'universo, mentre alla fine del viaggio della Vita d'un uomo, nelle Nuove, nell'oasi che premia il nomade dopo la desolazione del deserto, appare la bellissima, giovane Dunja. Dunja, mi dice il nomade, da noi significa universo. / Rinnova occhi d'universo, Dunja.

Tratto da LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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