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La seconda fase della produzione di Mariano Josè de Larra


Intanto la morte di Fernando VII aveva fatto saltare il tappo di quella birra che era la Spagna della prima metà dell’Ottocento, dando il via a quel decennio progressista (1833 – 1843) che fece tornare gli immigrati e scoppiare la guerra carlista, che angoscerà enormemente Larra. In questo clima di esaltazione e delusione Larra svolge una intensa attività scrittoria, scegliendosi come pseudonimo l’eroe di Beaumarchais, Figaro, con il quale si scaglierà ferocemente contro i carlisti, soprattutto con La planta nueva o el faccioso, che pietrificherà i lineamenti del carlista, un ribelle reazionario che va estirpato come una pianta infestante. Gli articoli di Larra in questo periodo, però, andranno facendosi sempre più amari, espressione della malinconia di un democratico che vede affossati sempre di più i suoi progetti. Farà un viaggio a Lisbona in cerca di pace, ma sarà solo una pausa dall’angoscia che da lì a due anni lo porterà alla morte. Al ritorno da Lisbona, Larra intensifica la sua attività di critico letterario, specialmente recensioni teatrali, che irridono lo sclerotizzato goticismo alla Schlegel alla ricerca di una nuova poetica più in linea con lo spirito del romanticismo francese, liberale e costruttivo, ma rimanendo costantemente attento alla situazione spagnola. Il manifesto di questa fase è Literatura e Antony, dove riafferma la necessità di una letteratura legata al presente e alle particolari condizioni della società spagnola. Siamo all’ultima fase della vita di Larra, al momento della sua presa di posizione di fronte alla spietata politica di Mendizàbal, che Larra accusa di non vedere altro termometro del pubblico benessere che il rialzo e il ribasso della borsa. Il primo annuncio funebre lo troviamo in Dia de difuntos de 1836, costruito genialmente in una prima persona ricca di inflessioni, un articolo che è allo stesso tempo giudizio politico e confessione personale, tutto calato in un lugubre linguaggio di morte. Due analisi della condizione dello scrittore sono poi La Nochebuena de 1836. Yo y mi criado e Horas de invierno. Un dittico natalizio dove il tema del Natale è solo fuggevolmente ironizzato, e dove Larra traccia un bilancio della sua vita personale e, com’è sua abitudine, di tutta una situazione culturale. Nella prima opera usa un tema antichissimo, quello del dialogo del padrone e del servo, con accenti molto moderni. Il servo fa da “verità del signore”, con una violenta requisitoria che distrugge valori e progetti, desideri e speranze, e infine la funzione stessa del signore – scrittore, Larra stesso. Nel gennaio del 1937 troviamo infine Los amantes de Teruel e il necrologio per la morte del conte di Campo – Alange, la morte simbolica di un giovane liberale e romantico, generoso e sfortunato, Larra stesso, ancora una volta. Larra morì suicida perché come molti altri contemporanei scrittori spagnoli, non era confortato da una forte preparazione filosofica che lo ponesse in una reale dimensione critica. Lui stesso non riusciva a non considerarsi altro che un geniale dilettante, e non seppe andare oltre una ironia romantica che visse coerentemente come l’unica libertà possibile.  

Tratto da LETTERATURA SPAGNOLA di Gherardo Fabretti
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