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L'importanza dei genera dicendi nel medioevo

I genera dicendi hanno avuto particolare rilievo. Nella retorica antica avevano valore linguistico, ma nel Medioevo si estende alla definizione della stessa materia, concernendo non solo la lingua usata ma anche il rango sociale e l'ambiente dei personaggi. Il modello di riferimento secondo il De arte prosayca, metrica et rithmica di Giovanni di Garlandia (1195 – 1272) è Virgilio che nelle Bucoliche, nelle Georgiche e nell'Eneide ha dato una esemplificazione dei tre stili.
Giovanni di Garlandia ha il merito di avere tentato una classificazione dei testi fino ad allora prodotti secondo quattro criteri:
- Forma. Metro e prosa, distinta in tecnografica, storica, epistolare, ritmica e in musica.
- Tipo di rappresentazione. Si ispira alla tripartizione del grammatico del IV secolo Diomede, che distingueva in narrativo se affidato all'autore, drammatico se affidato al personaggio,
misto se ad entrambi.
- Grado di realtà della narrazione. Res gesta o historia; res ficta o fabula; res ficta que tamen
fieri potuit.
- Sentimento espresso nei testi. Ispirato sempre a Diomede, che distingueva genera tragica, comica, satirica e mimica.
Secondo Jauss sono tre le ragioni per cui è particolarmente difficile stabilire dei generi nel Medioevo.
- Incertezza cronologica delle opere.
- Assenza di imitatio, cioè totale indipendenza delle opere medievali da modelli classici.
- Assenza di poetiche.
Non si può adottare la triade epica, lirica e dramma nel Medioevo perchè significa tagliare fuori la maggior parte dei testi. Bisogna sostituire ad una idea normativa (ante rem) una idea storica (in re). Occorre poi distinguere in ogni testo una funzione indipendente da una dipendente. La satira ad esempio ha avuto per molto tempo solo una funzione dipendente e solo con scrittori come Cecco Angiolieri, Rutebeuf o Peire Cardenal ha assunto funzione indipendente.
Ci sono anche testi come il Decameron, che sono una riorganizzazione strutturale di forme preesistenti. Il Decameron ha imposto per secoli le norme del genere ma è in sé una summa di modi narrativi preesistenti, dall'exemplum alla fabula, dal lai al fabliau

Tratto da LETTERATURE COMPARATE di Gherardo Fabretti
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