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Gli effetti dell'estinzione sono descritte dall'art. 310 c.p.c.


1. L'estinzione del processo non estingue l'azione, cioè non preclude la riproposizione della stessa domanda in un secondo giudizio.
2. L'estinzione rende inefficaci tutti gli atti del processo, con quattro eccezioni:
- all'estinzione sopravvivono innanzitutto le "sentenze di merito pronunciate nel corso del processo": si tratterà evidentemente delle sentenze non definitive di merito.
Quanto alla specie di efficacia che sopravvive all'estinzione occorre distinguere: se la sentenza si è pronunciata su di una vera e propria causa pregiudiziale la sua efficacia sarà quella tipica del giudicato sostanziale che varrà in tutti i futuri giudizi tra le stesse parti; se invece la sentenza s'è pronunciata su di una mera questione pregiudiziale la sua efficacia sarà quella cosiddetta panprocessuale e varrà solo nel successivo giudizio in cui sia riproposta la stessa domanda giudiziale;
- all'estinzione sopravvivono le sentenze "che regolano la competenza": l'efficacia di tali sentenze sarà quella cosiddetta panprocessuale o di preclusione esterna, cioè l'idoneità a valere solo nel successivo processo in cui sia riproposta la stessa domanda;
- le prove libere raccolte nel processo estinto avranno valore di argomento di prova nel successivo processo in cui sia riproposta la stessa domanda;
le ordinanze di pagamento di somme ex art. 186 ter c.p.c. sopravvivono all'estinzione del giudizio e lo stesso oggi accade riguardo alle ordinanze cautelari cosiddette anticipatorie.
3. Le spese del processo estinto restano definitivamente a carico delle parti che le hanno anticipate.

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