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Cicerone e la sconfitta di Gaio Verre



VERRINAE (crisi del 70; consolato di Pompeo e Crasso)

Siamo nel 75 a.C., Silla è morto tre anni prima. Cicerone è diventato questore in Sicilia e nel 70 a.C. accoglie le proteste dei siciliani, che denunciarono gli abusi ed i furti del precedente questore: Gaio Verre. Quest’ultimo si aspettava di superare indenne il procedimento giudiziario per estorsione – quaestio de rebus repetundis – grazie alla corruzione, alle potenti amicizie e alla difesa di Q. Ortensio. Ma fu sconfitto dalle doti legali e oratorie di Cicerone, il quale, dopo l’orazione introduttiva, spinse Verre ad allontanarsi, non dando così occasione al collega di difenderlo. Le Verrinae sono un documento fondamentale, in quanto hanno reso famosi i misfatti di questo rapace governatore. 

ACTIO SECUNDA IN VERREM  

Orazione che rappresenta, di fatto, un documento storico fondamentale, in quanto permette di conoscere i metodi di cui si serviva l’amministrazione romana nelle province. Essere governatori era una importante occasione per finanziare le svariate forme di corruzione di cui avevano bisogno per la loro carriera politica.

PRO LEGE MANILIA  (ascesa di Gneo Pompeo) 

Siamo nel 66 a.C., anno della pretura di Cicerone. Con questa orazione egli approvava la decisone del senato di conferire a Gneo Pompeo poteri straordinari, che gli permettessero di sconfiggere Mitridate VI re del Ponto. Cicerone, parlando in favore della proposta del tribuno Manilio, insisteva soprattutto sull’importanza dei tributi (vectigalia) che affluivano dalle province orientali. La popolazione romana sarebbe stata privata di questo beneficio, se Mitridate si fosse portato avanti nel suo processo di conquista. È chiaro che Cicerone difendeva gli interessi degli equites (ceto a cui apparteneva), appaltatori delle riscossioni dei tributi nelle province d’oriente. Sia Cicerone sia Pompeo necessitavano dell’appoggio degli equites, ma l’oratore non appoggiò mai le concessioni demagogiche dei populares. La concordia ordinum, la concordia dei ceti abbienti, senatori ed equites, era l’unica via d’uscita alla crisi.



Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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