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Il metodo storiografico di Tito Livio

Il metodo storiografico di Tito Livio


Nella sua opera Livio ritorna ai moduli dell’annalistica, rifiutando l’impianto monografico inaugurato da Sallustio.  Come la maggior parte degli storici latini precedenti, anche Livio ampliava la narrazione degli eventi man mano che questi si avvicinavano all’epoca più recente. È chiaro che questa dilatazione era direttamente proporzionale all’interesse che i lettori nutrivano per le vicende: più recenti erano le vicende e più ampio era l’interesse del pubblico, quindi maggiore era l’ampiezza dei racconti. Livio utilizzò numerosissime fonti per la narrazione delle vicende trattate nei diversi libri: per la prima decade fece ricorso a quasi tutti gli annalisti, in particolar modo a quelli più recenti, Claudio Quadrigario e Valerio Anziate ad esempio; per le decadi successive si ispirò anche allo storico greco Polibio, da cui trasse la visione unitaria del mondo mediterraneo e dei legami tra Roma e i regni ellenistici. Si sottolinea spesso come lo storico padovano non sia un rappresentante della tradizionale storiografia senatoria, incapace di formarsi un giudizio personale sugli avvenimenti descritti, in quanto non ha ricoperto cariche politiche e non ha partecipato in prima persona agli avvenimenti storici e politici descritti. Livio è caratterizzato, infatti, dalla totale acriticità nell’uso delle fonti. Si pone come exornator rerum, storico che lavora di seconda mano sulla narrazione di storici precedenti, preoccupandosi di ampliare e decorare le tracce su cui lavorava drammatizzandole e rendendole piene di movimento.


Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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