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La personalità e l'ideologia di Seneca


Seneca fu una personalità estremamente contraddittoria: l’incoerenza tra i suoi principi morali la sua politica e il comportamento del suo allievo fanno sì che venga spesso giudicato con durezza. In effetti un uomo di sani principi morali che indulge sull’assassinio di Claudio di Agrippina e di Britannico  e che guadagna enormi ricchezze in una corte dove i suoi precetti valevano meno di niente può suscitare polemiche. Ma Seneca  fu comunque uomo di grande personalità, meritevole di lode per aver beneficamente influito sulla condotta di Nerone (fin quando gli fu possibile) e scrittore di grande ingegno.

L'ideologia senecana


Seneca fu un grande prosatore e le sue opere sono per la maggior parte a carattere filosofico.
Massimo rappresentante dell’etica stoica in epoca imperiale Seneca concepisce la filosofia come ricerca della virtù  e pratica della libertà. Tutti gli uomini sono membra di un unico gigantesco corpo. Da qui derivano il dovere del rispetto verso tutti gli esseri viventi e la necessità di indulgere, e possibilmente curare, i deboli, gli infelici e anche i malvagi (semplici “malati di passione”).  L’uomo deve partecipare attivamente alla vita sociale non solo perché destinato a vivere in gruppo ma perché unica soluzione intelligente per liberarsi dai mali del mondo.

La produzione letteraria


Diversa e svariata è la produzione letteraria di Seneca. Per meglio comprenderla bisogna constestualizzare le varie opere al periodo in cui furono composte. Le sue opere più eminentemente filosofiche (  i dieci trattati di etica conosciuti come Dialoghi) attraversano una fase ottimista (40 – 60) fino alla degenerazione di Nerone, e una pessimista (58 – 64) dalla crisi con Nerone alla vicina morte.  Alla prima fase appartengono oltre alle tre consolazioni ad Marciam dedicata alla figlia dello storico Cremuzio Cordo, ad Helviam matrem dedicata alla madre per rassicurarla sul suo stato di salute durante l’esilio, ad Polybium dedicata all’imperatore Claudio e mirata a invogliarlo a richiamare Seneca dall’esilio.

Tratto da LINGUA E LETTERATURA LATINA di Gherardo Fabretti
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